XXVIII domenica del Tempo Ordinario    15 ottobre 2017

GLI INVITATI A NOZZE Matteo 22,1-14

Ogni volta che iniziamo una fase di vita è un invito a festa. Un nuovo inizio va vissuto come lo descrive questa parabola in 3 passaggi.

  1. Mollare le aspettative

Quanto paghiamo per l’aria che respiriamo? Quanto costa un sorriso, un gesto d’amore? Quanto paga un paese per avere una giornata di sole? Come tutte le cose fondamentali della vita, non si costruiscono e tanto meno si conquistano, ma si accolgono semplicemente: l’aria, il sole, l’amore.  L’amore è ostinato. Non si stanca di invitare alla vita, per poterla donare ai suoi figli, a coloro che sono in grado di ‘mollare la presa’, accettando di lasciarsi semplicemente raggiungere.

Tutti, assetati di felicità, si danno da fare come possono nel cercare il compimento del cuore. Alcuni ‘andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari…’. Tentazione di sempre: pensare di essere felici attraverso il ‘fare tante cose’, come una conquista, un premio.  Siamo stati abituati, fin da piccoli, che le cose soprattutto quelle importanti vadano conquistate e meritate. Per le cose di Dio no! Tutto è già dato.

  1. Allungare la mano aperta

Capiamo la follia del Vangelo? Alle nozze, alla festa del figlio di Dio può partecipare solo chi non si ritiene degno! Chi si percepisce degno, adatto, a quelle nozze non potrà mai partecipare. Incredibile! La comunione con Dio (compresa quella eucaristica) è data ai mendicanti! Solo il mendicante può essere raggiunto, perché tende la mano per farsela riempire ed essere riportato a casa. Questo è l’atteggiamento veramente cristiano: nella propria situazione – per quanto drammatica essa sia – tendere la mano per ricevere in dono la vita. Dio non attende altro da noi.

  1. Finirla di lamentarsi

Infine l’epilogo della parabola ci dà lo strumento per la verifica di come è andato questo nuovo inizio. Dopo aver ricevuto gratuitamente il sole, l’aria, l’amore, dopo aver elemosinato il dono della vita, qualsiasi nostalgia, recriminazione, attesa di risultati immediati rappresenta un mantello che ci mettiamo addosso, che lega mani e piedi. Perché credi di essere qualcuno, di poter finalmente dire la tua e invece il Re ti vede povero, credi di essere libero invece è bene che tu ti accorga quanto ti manca l’amore del quale dici di poter farne a meno, come se tu fossi prigioniero di ogni tua voglia!

Il cammino che facciamo è liberazione perché accogliamo un amore più grande, ma attenzione a non distrarsi con cose che ci fanno tornare indietro… Ci appesantiscono come tanti maglioni, messi addosso per salvare le cose cui ci teniamo, senza godere della libertà di ogni inizio. Non è questa la fotografia di tante espressioni di chiesa di oggi? 

viola

XXVII domenica del Tempo Ordinario    8 ottobre 2017

La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo, il fondamento di tutto! … ma questo può farlo solo il Signore e i nostri occhi possono aprirsi a vederlo e meravigliarsi!

Gesù si oppone a chi fa della propria storia il punto di riferimento per altri, per aggregare attorno alla propria autorevolezza, guadagnata sul campo, la società religiosa. Questi sono i sommi sacerdoti e anziani del popolo con cui Gesù si mette in discussione con quest’ultima, definitiva parabola. Dopo non si discute più, perché si passa ai fatti, alla croce.

Su cosa possiamo aprire gli occhi, foderati dal prosciutto del potere che legge le cose come impossibili, mentre Dio le vede come già fatte?

  1. Gesù attraversa con noi l’opposizione che facciamo alla vita. Sa che il nostro peccato più grande è voler appropriarsi della vita, farla diventare come l’abbiamo pensata. Facciamo diventare nostra la vigna che ci è affidata. E lui, invece di affermare i suoi diritti, attraversa con noi ogni dolore che è il segnale di questo impossessarsi della vita fino a farne un macello di persone, figli, nel tritacarne del mio “voglio”.
  2. Gesù continua a dare fiducia ai capi, che possano lasciare il meccanismo del potere che li ossessiona e riscoprire così la loro umanità. Tra voi non sarà così, chi vuol diventare grande sarà il servitore. Sa che questi capi non lasceranno il potere, è più forte di loro, e lui pone in mezzo il suo amore più forte ancora, che si consegna e lascia massacrare dal meccanismo di aggregazione: mettiamoci d’accordo e avremo noi l’eredità, cioè la vita. L’ubriachezza del potere fa delirare in questo modo anche i capi di ogni chiesa e di Stato di oggi. Questo amore ha aperto la strada ad un nuovo modo di vedere la vita e le cose. Solo in questo suo amore ha senso rimanere dentro la chiesa.
  3. Infatti Gesù smaschera il “sempre fatto così” che è il veleno della chiesa. Non capite che la società è cambiata e non possiamo fare le stesse cose di ieri per annunciare la misericordia di Dio? Eppure fa comodo dire che le novità sono quelle che dividono la chiesa e che pervertono quello che abbiamo ricevuto dalla tradizione. Per questo Gesù è così duro con i capi di allora e di oggi. Perché scartano i tentativi umani di ritrovare lo spirito originario del Vangelo in nome di un’attesa fine a se stessa, di un realismo che blocca la vita. La malattia della chiesa di ieri e di oggi è che sta ferma, non che si ferisce camminando…glicine

XXVI domenica del Tempo Ordinario    1 ottobre 2017

Mt 21, 28-32

«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Risposero: “Il primo”. E Gesù disse loro: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”».

Gesù è duro con i capi, vuole stanare dal loro cuore il peccato di sentirsi a posto.

Ha una strategia, quella dell’amore più forte del potere, che sceglie la via della croce per smascherare le fissità delle persone religiose, che non si lasciano provocare e sconvolgere dal vero Dio.

E l’unico antidoto per chi è fermo, è la presa di coscienza che non vuole cambiare. Diventa un grido che squarcia la giustificazione, è l’ammissione che la gabbia, nella quale chi non si muove pone tutto e tutti, compreso Dio, è asfissiante anche per lui.

E’ il rendersi conto che quello che è la fonte della mia unica gioia si è esaurita perché riempita di risultati, opere buone, cose risolte, che fanno dire, adesso posso godere di quello che sono stato senza inventarmi nuovo ogni mattina.

Ma per ammettere che non basta far leva sulle cose buone che abbiamo fatto per essere dentro la volontà del Padre che ci vuole tutti fratelli, è necessario che un fratello scelga liberamente, per amore, di svuotarsi per mostrare quanto liberante è questo vuoto.

pozzo