INCONTRO 2 SETTEMBRE 2018:

SCENDERE DALLA TESTA AL CUORE

SCENDERE NEL CUORE PER SCOPRIRE LA RICCHEZZA CHE GIÀ È DENTRO DI NOI

  • Riempire la vita o arricchire la vita da cosa dipende? Noi pensiamo di arricchire riempiendo, infatti i bambini oggi vengono più riempiti che arricchiti. Dove sta la differenza: che a volte cerchiamo di arricchire con le proposte che vengono da fuori, e tra le tante proposte ci sembra di scegliere. La possibilità di scelta ci sembra già un arricchimento. Ma scegliendo tra quello che è già nel mercato, noi ci allontaniamo dalla nostra casa: quella del cuore. Le proposte di fuori sembrano darci la felicità che cerchiamo… ma la ricchezza che ci fa bene è già dentro di noi e noi dobbiamo tirarla fuori.
  • “fai crescere il dono di Dio che è i te!” se non esprimiamo questa parte dentro di noi, questa preme per uscire anche quando la tacitiamo…e se la tacitiamo ci lascia dentro amarezza.

DALLA MENTE AL CUORE… MA CHE COSA PENSIAMO E SENTIAMO QUANDO PARLIAMO DI CUORE?

  • La parte spirituale di noi. È un organo…è la parte più spirituale di noi… è un organo pulsante che fa circolare il sangue… la vita… ecco perché forse è possibile quando sono stanca con le gambe camminare con il cuore…
  • È la parte più profonda di noi che non si perde mai anche quando noi ci allontaniamo
  • Quando Gesù è andato a trovare Marta e Maria…. Gesù ha detto che Maria si è scelto la parte migliore la parte migliore è questo ascolto con il cuore… e quando questo avviene eccomi capace di stare serena, e di accogliere gli altri. Mi sento in ascolto del cuore quando faccio pace con me stessa… e allora anche quello che faccio lo faccio con il cuore. Fare con il cuore è eliminare le distanze con gli altri, renderli vicini a te. Fare con il cuore è quando le preoccupazioni non prendono tutto lo spazio in me. Ma per fare questo bisogna che mi dia del tempo, che mi fermi. Fermandomi posso ascoltare il cuore e il cuore non va in affanno, non si lascia prendere dall’ansia e dalle preoccupazioni, vivo pacificata. Un segno che sto ascoltando il cuore è nella gioia profonda che provo.
  • Ascoltare Il cuore è nel senso di pace che raggiungo quando non mi fido più di me stessa, ma della vita. E’ un ascoltare la vita e in questo momento con il cuore mi chiedo “che cosa salvo ora della vita a 60 anni”? Salvo i ruoli che ho avuto, i soldi e successi ottenuti….ecco invece salverei quei momenti della vita in cui ho intuito proprio nella fatica di fidarmi della vita così come si presentava, senza accanirmi a cambiarla. Posso avere anche accanto qualcuno, un’amica con cui confidarmi, ma poi bisogna che mi fidi della vita. In quei momenti faticosissimi è solo il cuore che mi fa procedere, perché se li lascio alla mente mi distruggono. Sono momenti dove non mi fido più di me ma di chi mi ha dato la vita. Mi lascio portare dalla vita, perché credo che anche quei momenti non sono per la morte, ma per trovare un di più di vita.

Proprio vivendo accanto a chi non sta accettando una vita terrena che sta per finire, mi fa da specchio… perché la sua paura della morte mi fa ritrovare e cercare la mia centralità della vita.

  • A livello di specchio anch’io quando è morta mia mamma ho fatto una rivalutazione, rasetti… perchè comprendi di non essere eterna. Il fare, fare non è più così importante, il controllo che hai avuto non serve più, e se ti aggrappi a quello che hai fatto che cosa succede? Ti rimane sì quella corda a cui ti aggrappi ma ti chiedi: ora che cosa ne faccio di questa corda? Così quando arrivano i figli tutto si rovescia, non tieni più tutto sotto controllo. Quello che hai fatto finora permetteva di autogestirti, con il figlio non è più così. E allora anche l’arrivo dei figli ti pone la domanda: ma ora cosa vuoi tu veramente? Finora avevi risposto quasi automaticamente e quello che avevi raggiunto ti portava a fare quel percorso già tracciato. Poi ti dai del tempo perché capisci che così non ce la puoi fare, non puoi correre e fare tutto come prima. Mi sono fermata e mi sono chiesta: che cosa voglio? Ho dovuto lasciare l’illusione di accontentare il mondo, di rispondere alle aspettative altrui. Restare a casa con i bambini non è più quotato, ti guardano come un pesce fuori d’acqua… da una parte devi gestire la frustrazione e sofferenza di aver interrotto il tuo cammino lavorativo e dall’altra parte però resti in ascolto di una serenità che ti viene da una scelta fatta con il cuore. Cuore è avere il coraggio di dire: che cosa voglio?… non è che se manco io il mondo si fermi… e questo però lo puoi fare andando contro ad una società che invece propone altro per la tua realizzazione.
  • Cuore è imparare a scegliere, fare le proprie scelte… fermarsi e ascoltare profondamente il cuore, e decidersi per quella cosa che va bene in quel momento. È un fare unità senza lasciarci attrarre e trascinare da quello che ci propongono come meta per la felicità. Cuore luogo che ci aiuta ad ascoltare e in questo ascolto faccio unità.
  • Personalmente questa estate ho ritrovato il mio cuore. In questi 7 anni ho vissuto tante sofferenze perdendo tante persone care ed è stata nella sofferenza e dolore più grande che mi sono ritrovata. E per assurdo, ora posso dire grazie a questa sofferenza. È stato un crescendo di consapevolezza dove ho sentito la presenza di un Dio che mi ha quasi turbata. Mi ha fatto chiedere dove sono come credente. Da essere praticante per abitudine ho dovuto chiedermi cosa volevo essere e a chi e cosa volevo credere… se credevo ecc…

Queste sofferenze mi hanno spogliato di tutto… è stato un trovarsi a non avere più niente. Poi facendo il punto della situazione ti ritrovi dentro che alla fine resta solo l’amore, senza aspettative e pretese, solo l’amore dato e ricevuto in modo gratuito. E mi rendo conto oggi che questo amore che resta mi pone davanti alle persone che incontro in modo nuovo. Ho sempre fin da piccola amato le persone che incontravo, perché penso che nessun incontro viene per caso. Poi anche il lavoro che faccio con i bambini mi aiuta in questo dare. Ma poi con il tempo pretendevo anche un ritorno, di essere a mia volta amata, mentre ora scopro bello dare questo amore senza avere un ritorno perché ho fatto un’esperienza forte di essere amata.

Mi è successo dopo che mi è capitato un’esperienza forte di morte, che mi ha portato a chiedere a Dio non di comprendere il perché del dolore, ma di accogliere la sofferenza. In una notte stellata presa dal dolore per la morte di mio fratello guardando verso l’alto mi sono sentita di chiedere a Gesù: tu che conosci il patire dammi la grazia di accogliere questa sofferenza. In quel momento mi sono sentita avvolgere da un abbraccio caloroso che mi ha percorso tutta, facendomi percepire di essere amata come non lo ero stata mai. Questo essere avvolta dal suo amore, mi ha dato consapevolezza che mia sorella e mio fratello erano vivi e vicini a me con il loro amore. Tutto ciò mi dava una gioia grande che naturalmente non potevo dire a nessuno perché mi avrebbero presa per matta. In quel dolore ho provato una gioia profonda. E nella sofferenza ho trovato il senso della vita. Questo per me è stato una grazia perché so che il dolore può fare precipitare anche nella disperazione. Ma io attraverso la sofferenza mi sono ritrovata. È stato poi un percorso lungo da fare, perché poi quando è morto mio marito, ho dovuto darmi tutto il tempo per non restare dentro lo sconcerto dei progetti che non potevo più portare avanti insieme a lui. Ma ora sento che l’ho lasciato andare…e rimane l’amore vissuto, dato e ricevuto.

  • Eternità, vita eterna, non è aspettare un tempo da vivere dopo la morte, ma è qualcosa che ci si ritrova dentro in quello che si è vissuto con amore, che neanche la morte può cancellare. Se si vive nella disperazione questo non si può trovare, perché ci troviamo arrabbiati con tutti e con Dio. Ma se si attraversa la sofferenza si può trovare che l’amore vissuto non va perduto.
  • Questa estate sono tornata a casa dai miei e ho proprio goduto questi mesi vissuti come un nuovo incontro, fatto in verità. È stato un dono ritrovarci e dedicarci del tempo prezioso. Veniva apprezzato ogni momento, perché ogni volta che ritorno ascolto il cuore che chiede questo dedicarci vicendevolmente tempo e amore, che mi riporta alle radici di chi sono io. E’ stato l’occasione per capire anche la fatica di una mamma, dei miei genitori, che per anni avevo respinto non comprendendola. Ed ecco invece che mi sono trovata ad apprezzare le loro fatiche sentendomi grata per quello che mi hanno trasmesso. È stata una benedizione. Ci siamo fermati e ci siamo aperti nella verità di chi siamo, buttando giù tutti i muri, senza far finta come tante volte si fa nella vita quotidiana. Mi sono mostrata per quello che sono, nuda, senza mascherarmi, e questo è stato bello, perché è stato accolto come gioia. È stata un’esperienza di amore. Rivelarmi così nella verità ha come messo in atto una risposta di verità anche da parte dei miei. Non sempre succede perché puoi anche ferire chi ti sta ascoltando, ma questo non è successo. Questo fare verità mi ha donato pace… dire la verità porta pace, ma ci vuole coraggio per farlo, superando la paura di far star male chi ci sta davanti. Era un mio bisogno fare questa verità, ma questo ha quasi costretto anche mio papà ad accogliere quello che io gli stavo consegnando ed è stato liberante per entrambi. Il coraggio che ho trovato mi ha permesso di fare chiarezza su tante cose che altrimenti restavano sospese nella non comprensione. Per questo la mia parola da scrivere sul cuore è VERITA’: questa sono io. È una liberazione andare in profondità e quello che ti lascia se trovi il coraggio di farlo è leggerezza.
  • Bisogna non lasciar passare il tempo senza fare questa verità con gli altri che ci sono cari. È una verità, chiarezza che preme dentro di noi e a volte succede che per timore o per… lasciamo perdere e poi non abbiamo più tempo di farlo.. è un rompere con quel stile di perbenismo che lascia le cose in superficialità ma che poi lascia dentro confusione e scontentezza.
  • Anche Dio è uno che aspetta che torniamo a casa, per fare verità dentro di noi, perché sa che questa verità è quella che ci permette di accogliere un amore gratuito, che ci fa arrendere almeno per un momento di non continuare ad indossare maschere.
  • Ho bisogno di vivere con spontaneità, perché quello che deciso con la mia mente mi porta a dover fare senza trovarne il senso. È un bisogno di lasciare quello che deve essere così… perché deciso dal dover essere. A volte mi dico: vivi per vivere e non per quello che devi fare. Se inizio la giornata così le cose vanno diversamente, le giornate vanno via lisce, le cose le faccio lo stesso, ma ho vissuto una giornata comunicando, incontrando le persone. E questo le persone lo percepiscono facendo anche un 730.

Non so perché non riesco ad avere sempre questa partenza… e quindi resto “cupita” e faccio le cose a testa bassa. Questa spontaneità è un canale buono, perché noi siamo persone buone e sarebbe belle avere quelle condizioni per esprimere il buono che è dentro di noi. Spontaneità che è tirar via le barriere, le imposizioni che anche gli altri ci mettono addosso, e i muri che mettiamo quando dobbiamo essere e rispondere ai doveri che ci spettano.

E poi c’è la quotidianità con la sua routine che a volte non ci permette di vedere la bellezza delle piccole cose che gli altri ci danno e non siamo capaci noi di dare quello che abbiamo dentro. E così i rapporti si logorano più facilmente dentro un tram- tram che non permette di avere uno sguardo diverso verso chi incontriamo sulla porta o fuori dalla porta di casa. La lontananza a volte permette di sentire e cogliere quello che è vero, quello che veramente conta, perché anche solo una telefonata ti fa sentire speciale per chi ti sta chiamando. Abbiamo bisogno di qualità nei rapporti, non per obbligo, ma perché senti che dai spontaneamente quello che conta e questo crea relazioni che fanno bene. Altra cosa fatta con il cuore è dedicarmi del tempo per me. Questo mi permette di fare chiarezza sapendo di poter parlare con Lui.

  • Dobbiamo accogliere anche la fragilità di chi siamo e il senso del limite che abbiamo. Non possiamo vivere tutti i rapporti in maniera profonda, autentica, sempre molto comunicativi. Dobbiamo anche ammettere che abbiamo bisogno di aiuto. Possiamo diventare arroganti pensando di potercela fare sempre da sole, senza chiedere mai. Ho bisogno di consegnare la mia fragilità a qualcun altro che la guardi in maniera diversa, che mi può aiutare ad avere uno sguardo diverso e nuovo su me stessa.
  • Sarebbe interessante nei momenti di fragilità avere delle ricette, come fare il pane. Forse più che ricette e avere la volontà di uscirne. Non basta sapere le cose, quando succede bisognerebbe mettere in atto delle strategie per uscirne: preghiera… fare delle cose… fermarsi ecc…

C’è stato un tempo prezioso che ho vissuto questa estate, quando abbiamo accolto a casa mia una mia amica malata di tumore che veniva da lontano. Accogliendola con il cuore è stata lei che poi mi ha dato una “botta di vita”, perché mi ha fatto comprendere la bellezza delle piccole cose, gustate con gioia, perché pur essendo piccole, semplici, prendono un altro sapore sapendo che le vivi come fosse l’ultima volta. E questo mi ha fatto scoprirne la preziosità di ciò che abbiamo e che non ce ne rendiamo conto. Accoglierla è stato bello, e la ricchezza l’abbiamo ricevuta da lei che ha avuto il coraggio di fare questo viaggio e di venire da noi portandomi anche un po’ della mia terra lontana.

  • Ricevere delle cose gratuite ti sconvolge la vita perchè sono cose che senti fatte con il cuore. Quando si riceve qualcosa di inaspettato, non programmato, lo senti subito se è una cosa del cuore.
  • Oggi abbiamo perso molto della semplicità dell’accoglienza, tanto che ci programmiamo tutto e ci resta sempre dentro il dubbio disturbare.
  • Contraddico il cardinal Martini perché per me la vita non è suddivisa in stagioni della vita. Tutto sta come le portiamo nel cuore, è nel cuore che si mescolano le fasi della vita. E nel cuore si possono accogliere anche le nostre contraddizione e lasciarle lì. Perché la testa dice una cosa e il cuore ne vive un’altra. Mettere in collegamento le due cose è accogliere me stessa e quando accolgo me accolgo anche gli altri.

Quante cose facciamo per pro-forma e pare non riusciamo più a parlarci senza più prendere il cuore e metterlo là in quello che comunichiamo tra noi. È avere anche il coraggio di dire le cose come stanno, di buttarci dentro il cuore senza avere nessuna pretesa. Può darsi che se qualcuno parte in modo diverso a comunicare e dire le cose come vanno veramente, può provocare una chiarezza diversa di dialogo tra di noi.

  • Il cuore la parte di noi che non ragiona, quindi è la più vera. La maggior parte delle cose che ci hanno fatto bene o male sono le cose del cuore. quando invece ragioniamo vogliamo noi indirizzare le cose… Il cuore è il luogo che non si lascia intaccare dal cervello.
  • Quando si comincia a ragionare con il cervello è facile mettere delle maschere, e di perderci nelle cose più superficiali e non sull’essenza. Perchè il cuore va diritto, non calcola. È la parte non condizionata dal ragionamento. Ascoltiamo spesso gli altri con i nostri filtri, mentre noi non dovremmo mettere filtri per fare posto all’altro nel cuore.

INCONTRO 17 GIUGNO 2018:

CAMMINA CON IL CUORE: SCENDERE DALLA TESTA AL CUORE

Prima di vivere il riposo delle vacanze, cerchiamo di trovare oggi una panchina su cui sedersi e so-stare per sintonizzare il nostro corpo dando ascolto al cuore. Con Etty Hillesum chiediamo: oggi voglio ritirarmi e riposarmi nel mio silenzio: nello spazio del mio silenzio interiore a cui chiedere ospitalità per un giorno. Se vogliamo affrancarci dai pesi della vita, è necessario vigilare sulla nostra facoltà di pensiero e la nostra abitudine a rifugiarci nella nostra immaginazione: se cambiasse quella cosa… se succedesse che quello finalmente comprenda…. se non ci fosse… e intanto aspettiamo. È tutto in testa, è tutto finto… non c’è e non sarà mai come lo pensiamo noi ora, per quanto il nostro progetto sia bello e il nostro obiettivo santo. Abbiamo solo la possibilità di vivere quello che ci viene dato oggi. Se ci impuntiamo a realizzare il pensato da noi, non diamo ascolto al cuore.
Le frasi: sentieri del cuore… camminare con il cuore ci risvegliano una nostalgia, una possibilità altra che non conosciamo fino in fondo, ma se ne sentiamo la mancanza, vuol dire che qualcosa di questo percorso l’abbiamo già provato, sperimentato e l’abbiamo sentito come un bene per noi.
Ci sono ideali di una famiglia felice, di fecondità, di pienezza di vita, di realizzazione personale che sono illusioni perché ci fanno evadere dalla realtà presente oggi, con le sue gioie ma anche con i suoi dolori, fallimenti ecc…Pensiamo sempre di potercela fare, che prima o poi passi, e arrivi quell’approdo felice tanto sognato. E intanto, continuiamo a riempire il cuore di fatiche ulteriori, senza mettere quel silenzio dentro per ascoltarci in profondità, per evitare che il cuore si indurisca e il corpo soffra più del necessario per un difetto di comprensione e compassione anche nei nostri riguardi. Quando il corpo è stanco e continuiamo a chiedergli di procedere, per un po' va bene, perché da alcune fatiche non possiamo esonerarci. Ma quando questo ci toglie speranza, la gioia di vivere, e dentro di noi non troviamo il senso di quello che stiamo facendo e il motivo per procedere, forse è il momento di fermarci e chiedere aiuto. Quando sembra tutto finito, quando qualcosa ci crolla addosso perdiamo facilmente la prospettiva. Ma se crediamo che Dio si sta occupando di noi, in questo istante più e meglio di quanto accada ai gigli del campo, forse ci viene chiesto di avere un altro sguardo, per cogliere l’altra strada che si apre sotto i nostri piedi, ancora sconosciuta, forse incerta, ma possibile. Allora, un ulteriore significato alle cose inizia a prendere forma e trovare il suo posto, proprio là, dove avevamo idealizzato dovesse esserci altro: quello da noi pensato e sperato. Dio non ci chiederà mai di rinunciare, ma di lasciare quello che ci sta facendo male, per imparare a rileggerci dentro ad un storia più grande.
I momenti vocazionali della nostra vita sono molti e sono segnati anche dai nostri passaggi di età:
giovinezza/sponsalità/materntà/fecondità/sterilità/dedizione/vecchiaia/ecc…
Tutti questi tempi vissuti ci hanno portato fino al nostro oggi, ci hanno dato identità e ci ritroviamo con un bagaglio di esperienze positive e negative vissute.
Una vita che il cardinal Martini suddivide nelle quattro stagioni:

  •  la prima è quella che s’impara
  •  la seconda quella che si insegna
  • la terza in cui ci si ritira nella foresta a meditare
  • la quarta è quella che si impara a mendicare.


Se la giovinezza ci ha fatto correre il rischio di distrarci e non avere occhi per cogliere dove e in Chi sta l’origine della vita, ora non lo possiamo più fare. Soluzioni, risposte, strategie… ne abbiamo già tentate tante. Se vogliamo scendere dalla testa al cuore, la decisione da prendere è quella di sgomberare lo spazio del cuore dalle nostre fissazioni, da quello che abbiamo in mente, anche se pensato come bene per noi e per gli altri. I sentieri nel cuore ci sono, e quando mi sento tanto stanca, forse ho preso una strada che il cuore fa fatica a percorrere e per questo poi il corpo si sfinisce.
E’ da “custodire il dono di Dio che è in noi…egli ci ha chiamate ad una vocazione santa, non già in base alle
nostre opere, ma secondo la sua grazia” 2Tim 1,6-9
È un custodire quello che intuiamo e sentiamo già presente in noi, ma anche quello che non comprendiamo. Il non conosciuto non è da buttare via, ma è da trattenere dentro continuando a interrogarci sul suo significato per restare dentro a quel mistero di cui siamo avvolte. Un mistero che non è qualcosa di incomprensibile, ma uno spazio che imparo a frequentare mettendomi dentro un passo dopo l’altro. È altro che intestardirci a far funzionare le cose che non vanno, ma è frequentare quello spazio dove impariamo a sperare e attendere.
Qui nasce quell’ interrogativo più profondo: non come far andare le cose, ma chi voglio essere, o meglio
provo a chiedermi e a dare un nome a quella donna che Dio oggi sta pensando per me.
Noi diventiamo sante (colui che vive bene l’oggi che gli viene dato) non per le nostre opere, ma per la sua grazia, quella che Gesù sulla croce ha ottenuto per noi: una grazia, un dono gratuito che ci cambia il cuore, la parte più profonda di noi. Non ci cambia i vicini, le colleghe, il corpo, la testa dei politici, non ci toglie le ingiustizie, le malattie, ma ha il potere di cambiare la parte più profonda di noi: il cuore. Il luogo dove noi prendiamo quelle decisioni che ci rendono libere. E non lo diventiamo perché tutto funziona intorno a noi, ma siamo e diventiamo libere nonostante tutto non funzioni attorno a noi, nonostante tutte quelle fragilità e limiti che possiamo trovare dentro la nostra e altrui vita. Non dobbiamo sforzarci di diventare qualcosa, perché ciò che siamo dipende dal dono di Dio che è già in noi, dobbiamo però impegnarci a non sprecare questo dono.
Etty dal suo campo di sterminio dice: ci sarà sempre un pezzetto di cielo da poter guardare, e abbastanza spazio dentro di me per congiungere le mani in una preghiera…
Dove troveremo la forza per questa preghiera? Non in noi ma nel suo cuore, nel suo amore.
Perché io ti amo tu troverai la forza per fare tutto quello che ti rende più umana, più donna. Senza di me non puoi far nulla: lasciati amare! Lasciati portare fuori dallo spazio ordinario che già conosci bene, per entrare nello spazio dove ci sono io. Qui con me scoprirai a quale libertà ti voglio condurre, e che anche se le cose non andranno come hai sperato, non ti toglieranno quella gioia di vedere la tua vita pian piano trasformata nella mia.


ALCUNE DOMANDE E RIFLESSIONI PER APPROFONDIRE:


1. Provo a dare un nome al bisogno, al motivo che mi spinge oggi a cercare le strade del cuore.
2. Quando mi dico: ormai mi conosco, sono fatta così, sono la solita, non c’è niente di positivo in me, sbaglio sempre, oppure gli altri mi impediscono di essere, mi chiedono di ecc… mi accorgo che sto girando attorno a me stessa, alimentando il mio senso di inadeguatezza, non lasciandomi raggiungere da Gesù che vuole portarmi oltre?
3. Desidero veramente ricevere la carezza di Dio? Se Lui è sempre lì disponibile a darmela, che cosa mi impedisce in questo momento di sentirla sulla mia pelle, nella mia vita?
4. Scendere e sgomberare quello che mi impedisce di incontrarlo, che cosa mi richiede?
5. Oggi mi decido di vivere quel passo che mi permette di scendere a valle custodendo in me il nome nuovo che Lui oggi mi ha fatto percepire come bello per vivere in pienezza la mia umanità: provo ad ascoltare quel nome di donna che Dio oggi sta pensando per me. Questo nome diventa la mia tensione, la mia strada da percorrere a cui tendere. È lasciare che questo nome, che questo suo sogno diventi quello che plasma la mia pelle, il mio sguardo, la mia bocca… in modo da non essere più un isolata che decide in proprio, ma una abitata che gira per le strade mai più senza di Lui.
E vigilo per non lasciarmelo portare via da quello sguardo con cui a volte ammazzo dentro di me quella umanità piena a cui Dio mi sta portando. Questo crescere in umanità è il più bel segno, è il più bel dono che possiamo comunicare a chi vive accanto a noi.
I passi concreti per vigilare possono essere: meditare, pregare, fermarmi, custodire le intuizioni profonde,
chiedere o mendicare aiuto/ mollare l’orgoglio di farcela da sola/ lasciare delle cose che ho scelto e che mi
stanno togliendo vita/ aprirmi ad altre relazioni/ lasciare quelle che sostengono e mi confermano nel mio
solito modo di fare e procedere, quelle che mi danno ragione/ lasciare l’affanno, l’ansia/ lasciare il mio
sproloquiarmi addosso che non mi permette di guardarmi con lo sguardo con cui mi guarda Dio/ restare
sola con Lui …


RISONANZE DELL’INCONTRO

A tutte viene consegnato un cuore, dove scrivere durante l’incontro o nelle vacanze:
“Che nome di donna Dio oggi sta pensando per me”.


profumoNon adagiarti sui passi compiuti, rimettiti in cammino per cercare ancora. Compiuti i 60 anni ci si gira per guardare alla vita fatta, ma non per fermarsi, ma per prendere consapevolezza di quello e come il Signore ci ha accompagnati, e ripartire con l’idea di rimettersi in cammino perché ogni giorno porta in sé un’opportunità nuova.
Il nome … più che quello che pensa Dio che non ho ancora capito bene, è quello che desidero io e che penso lo pensa anche Lui: vorrei trovare la pace sua, non quella che dà il mondo, ma la sua pace. La vita quotidiana tante volte porta ad entrare in conflitto con le cose che succedono, ma se mi lascio prendere dalla rabbia sento che mi porta via energia, vita. Per questo, vorrei proprio scoprire il segreto per vivere in pace al di là di come vanno le cose che ogni quotidiano porta con sé. Vorrei essere profumo, perché è qualcosa che si sente quando si va vicino, che non si può possedere, rubare…ma che mi dice che Dio esiste, perché pur essendo invisibile si distingue, si percepisce. Chi può dire che una rosa non sa da rosa, la lavanda non sa da lavanda, così quando uno passa sente che ho Dio in fianco.

amataIl nome è quello di amata, ma amata da me stessa. So che il Signore già mi ama e anche le persone che mi sono attorno mi danno la sensazione di essere amata, ma quello che mi manca è di sentire che anche io mi amo di più.
A volte quello che proviamo è un difetto di comprensione e compassione anche nei nostri riguardi... Per imparare a frequentare quello spazio dove sperare e attendere… due parole forti, grandi che mi aprono un cammino. La conseguenza sarà quella di avere il potere, la possibilità di cambiare la parte più profonda di noi: il cuore. In questo spazio, posso sentire questo soffio, che anche se soffio è qualcosa di forte, è vento. Non dobbiamo sforzarci di diventare qualcosa, perché ciò che siamo dipende dal dono di Dio che è già in noi, dobbiamo però impegnarci a non sprecare questo dono.
Credo che qui c’è il materiale per farmi un percorso dove trovare e avere questo amore anche nei miei confronti, accettando le mie imperfezioni, le mie difficoltà, il mio camminare lento o veloce. Entrare in profondità per capire quali sono i momenti di attesa per guardar le cose, e quelli in cui è necessario invece mettersi in movimento.
Se il Signore già mi vuole bene cercherò di accettare le difficoltà delle quotidianità, tenendo presente che c’è qualcosa che va al di là dei limiti fisici, umani e del quotidiano, siamo anche altro, c’è una storia più grande. Qui, in questo altro e non ancora intravedo un percorso possibile da fare.


Prendere un altro ritmo che è quello del seme, dove cerco di ascoltare la vita che preme già dentro per crescere. L’unico impegno è quello di lasciare fuori tutto quello che vorrebbe smentire o bloccare questa crescita.


saporitaVorrei essere saporita come una fragolina di bosco che ho trovato. Ho letto poi i cartelli: Tutto ciò che vive desidera la carezza del creatore. Bello! Però mi sono fermata su quello che dice: quando le tue gambe sono stanche, cammina con il cuore. Che bisogno di trovare questa panchina per camminare con il cuore.
Quest’anno non ci saranno vacanze, e da come sto vivendo non c’è neanche riposo.
Ultimamente sento un po’ di stanchezza, ma cerco di andare avanti. Continuo a riempire il cuore di fatiche ulterori, ma il mio cuore incomincia ad indurirsi, non è più quello di prima. Anche il corpo comincia soffrire e mi dà i primi segnali di cedimento. Cerco di mantenere i ritmi di prima ma non ce la faccio. È impossibile.
Vado al lavoro, finisco, ritorno a casa e tento di fare le cose come prima, mantenendo i soliti ritmi di quando non andavo a lavorare, ma anche gli elettrodomestici cominciano a bruciarsi. Sono segni chiari che è il momento di fermarsi. Sento il bisogno di cambiare il ritmo, cambiare movimento. Come vorrei far andare le cose non va. Anche mio marito mi ha detto che continuando così potrò avere la casa pulita ma poi potrei trovarmi sola. Non so come darmi una regolata, non ho idea di come fare ma per ora riconosco di essere veramente stanca.


carezzaIo sono tante volte un riccio non accarezzabile. Per tanti anni ho tenuto una foto di fronte al letto dove io anche il giorno del matrimonio mi ritraggo di fronte ad una carezza che mio marito mi sta donando. Mio marito mi diceva: guarda che foto hai scelto di mettere nella parete della nostra camera… ma sei proprio così. Ora l’abbiamo cambiata, ma è rimasta là per tanto tempo ed effettivamente io ero così.
Io non sono una che bacia e abbraccia e quando lo faccio sento che non mi viene così spontaneo. Ma la carezza rappresenta il fatto di lasciarmi avvicinare; invece io tenderei a fare tutto io e questo allontana.
Oggi sento che questa carezza rappresenta questo Dio che mi dice fermati, ti posso prendere, ti prendo io! Tutte queste riflessioni mi portano a riconoscere questo sentirmi a volte soffocata, questa mancanza di gioia… ieri dovuta forse al fatto che avevo anziani sul collo da accudire che pressavano molto… ora ne ho uno solo e ho imparato a gestirlo senza farmi sensi di colpa. Però la carezza mi manca ancora.


Tutti abbiamo bisogno della carezza del Creatore, perché è quella carezza che ci viene donata così come siamo. Di fronte alla gratuità di questa carezza ci ritiriamo perchè pensiamo di non essercela meritata. Inseguiamo un ideale immaginario, un modello di come dovremmo essere che ci fa sentire sempre limitate, imperfette e quindi non meritevoli di amore. Solo la carezza donata così senza meriti, è quella che il nostro cuore attende, ci fa bene e ci fa cambiare. Ma noi, prese dal tanto fare per gli altri, non abbiamo neanche tempo di ricevere queste carezza. Bisogna riconoscere questo bisogno di carezza e arrenderci a Chi ce la sta donando, arrenderci a ricevere.


accarezzataOgni cosa che vive desidera la carezza del Creatore. Pensando alla vita quanto è intensa, dove tutto vive, tutto è vita, colgo in questo vivere bello per me la parola accarezzata. La carezza è tenerezza ma è lieve. Non è quella botta sulle spalle che ti dice: dai forza, dai vai avanti, ma la carezza è leggera e dice: Io ci sono e ti voglio bene così come sei oggi. In certe difficoltà ho bisogno di conferme importanti, invece il Signore c’è in questa sua presenza lieve che mi aiuta a custodire il dono di Dio che è in me, non per i miei meriti ma per la sua grazia.
Quindi, importante trovare quel tempo di calma che mi permette di percepire la sua carezza. Se mi calmo lo colgo, lo sento presente, e vedo la sua provvidenza presente, che c’è e mi aiuta fare tante cose. Ma ho bisogno di trovarlo non solo per fare ma per me stessa. È un bisogno di sentirci, di sentirmi amata per quello che sono. Noi viviamo, ma dobbiamo riappropriarci della nostra vita non solo per dare agli altri, ma per noi stesse. E venendo quassù, è anche questo un tempo che mi dò per trovare le strade del cuore. È come un camminare tanto nel caldo afoso e poi trovi un bicchiere di acqua. È acqua, è chiara, è semplice, ma in quel momento di caldo ne hai bisogno e quel bere fa ripartire e ti dà vita. Venire, leggere il sito è proprio come bere acqua fresca.


cercatriceCamminare con il cuore risveglia una nostalgia e scendendo giù verso il labirinto mi sono fermata per un colpo alla schiena. Il quel momento mi sono girata e ho visto il cartello con l’immagine dell’esperienza fatta con i ragazzi quassù, e mi è venuta una grande nostalgia. Per vivere con i ragazzi quei due giorni quanto tempo abbiamo speso anche noi catechiste per prepararci, ed è stato importante anche per noi. Ma quella nostalgia di cose che ora sembrano non esserci più può frenare il procedere. Ma poi, lì accanto c’era l’altro cartello, che diceva non smettere di cercare. Un cercare che ho sentito non per fare ma con quel bisogno di ritrovare quei percorsi di pace, quella strada che mi dona il Signore. Quindi eccomi in cammino. Il fatto di essere cercatrice e di essere cercata mi fa chiarezza e mi racconta che non è ancora il tempo di fermarmi, ma di andare avanti con questo desiderio di mantenere vivo il cercare e il lasciarmi trovare.


parolaveraStiamo vivendo una trasparenza tra noi, che ci porta ad una conoscenza profonda, a pelle, e anche quando non sono presente, leggendo i resoconti mi sembra di potervi riconoscere. Oggi che sono riuscita a venire quello che mi è rimasto dentro è la frase: chiedo ospitalità nello spazio del mio silenzio interiore.
Questo silenzio mi ha scosso e fatalità questa settimana le prime letture parlavano di Elia, e raccontano il suo scoprire Dio nel silenzio. Siamo abituati a tanti terremoti nella vita a cui dare risposte, e il silenzio è l’unico fenomeno che conosciamo che sembra non avere utilità. Invece ne ha tantissima, perché solo facendo silenzio posso riappropriarmi della mia libertà. Libertà, che fuori nei confronti delle persone che mi circondano è moto stretta, nl senso delle cose da fare per il bene altrui. In questo periodo poi sono stata moralmente ferita e tradita in una relazione, che tutta ad un tratto si è conclusa senza neanche una spiegazione, e questo mi ha mandato in tilt e mi domando: fai tanto per costruire e poi basta un niente per finire tutto, per rompere. Oggi forse siamo abituati a vivere a spot, in questo momento mi servi e ti uso, poi non mi servi e basta, ti butto. Questo mi ha fatto male e mi lascia il cuore ferito, a pezzi, ma ritornando in quel silenzio, non mi sento ferita, trovo accoglienza, quella che nella relazione che ho vissuta sembrava esserci ma in effetti poi non c’era. E la voce di Dio nel silenzio mi dice: ritorna sui tuoi passi, ritorna a me. Qui ritrovo il valore delle parole, quelle che senza il silenzio invece butti là e restano senza valore. Sono parole che ingannano, che feriscono e ti sfiniscono. Ma nel silenzio colgo cosa nuove. Sono parole essenziali. Il silenzio è un bene, infatti siamo nati nel silenzio. Chi ha fatto grandi cose lo ha fatto partendo dal silenzio. Chi si tuffa, chi crea qualcosa lo fa sempre nel silenzio.. quindi le parole che nascono nel silenzio, hanno una profondità e raggiungono il cuore, le altre rimangono in superficie. Anche Dio non dà spiegazioni, ma è presente, mi dice: sono qua e il mio sentirmi viva non cerca spiegazioni. Per questo posso, sento di poter essere una Parola Vera per gli altri. Anche oggi è bella la Parola di Dio sul seme… il seme germoglia e cresce come chi l’ha seminato non lo sa. E così è la presenza di Dio in noi, appena gli dai spazio, fai silenzio la sua presenza ti invade e comincia a crescere. E così nella vecchiaia darà ancora frutto e sarà vegeto e rigoglioso… questo è consolante!


fragilitaStamattina nella liturgia della parola sul seme mi ha colpito: dorma o vegli. Questo dormire lo assoggetto a quando comincio a dirmi: se cambiasse quella cosa, se succedesse…se… il vegliare si manifesta invece quando faccio tante cose senza il Signore … e nonostante tutto vedo che il seme cresce. Il passaggio che ho vissuto dopo pasqua è stato quello di dire no allo scoraggiamento, di porre attenzione ai segni che Dio mi sta ponendo, di ricollocarmi in una vita che alcune volte non mi dà l’amore che desidero ma nonostante tutto mi fa portatrice d’amore. Ora in questo seme che cresce vedo il passaggio da quando voglio fare e non lascio spazio a Dio non trovo, mentre quando mollo succede qualcosa di nuovo: ultimamente mi sento cercata, qualcuno vuole il mio aiuto. Questo mi porta a custodire la persona, e mi sento pronta a raccontare la mia fragilità, per dirle: ne puoi uscire anche tu. Per questo sento di scrivere sul cuore la parola fragilità ma in maniera positiva nel senso che oggi la posso narrare come un passaggio di vita che si può accogliere senza rimanerne schiacciati. E infine sento belle queste parole: lasciati portare fuori dallo spazio ordinario che già conosci bene per entrare nello spazio dove ci sono io: Il mio sogno è prendermi giorni per fare gli esercizi spirituali.


sintonizzataHo vissuto un anno tosto soprattutto a livello lavorativo, e questa settimana è stato il culmine. Se non avessi già iniziato a sintonizzarmi con Dio grazie all’incontro dell’altra volta, e a un dialogo con Maddalena, non ne sarei uscita così serenamente. Sono stata ferita ma non mortalmente. Per questo sono grata a Dio di avervi incontrate e mi dispiace di essere partita così tardi. Non solo per non essere ferita, ma per poter essere quel dono per gli altri che sento nella mia natura. Qui ho ritrovato un perché, un modo, tante cose ma sono solo all’inizio. Il bello che ho scoperto è questo lasciare le mie fissazioni, quelle cose che nascono dal non silenzio, che fanno male e distruggono, per sintonizzarmi con Lui. Bastano quei 10 minuti di preghiera per sintonizzarmi e quando entro in sintonia con Lui, sento di lasciare che le cose fluiscono, senza essere io che a tutti i costi ci metto il naso, trovandomi poi a sera distrutta nel polverone delle tante cose fatte. Imparare a ricevere, chiedere aiuto, sono cose di cui sento il bisogno, che ho riscoperto e ritrovato anche nella nostalgia che sento dentro di me, che è il campanello che mi dice quali sono le cose che veramente contano. La strada che faccio per salire quassù è carica di quel desiderio di venire e stare. Anche il mio bambino lo sente, perché è da lunedì che mi chiede quando saliamo quassù. I bambini sentono questa positività e così poi ce la portiamo a casa. Mi porto a casa la consapevolezza che il bene c’è. Il nome sintonizzata, è il mio impegno, perché desidero sintonizzarmi con Lui, per non cadere in quelle rete di debolezze umane. Questo mi permette di restare un gradino sopra queste cose, non sopra gli altri, ma sopra quel chiacchiericcio inutile, sopra le mie idee che poi si traducono in tentativi spesso inutili di risolvere le cose, che poi distruggono e infangano. È un salire sopra l’albero come Zaccheo per non lasciarmi trascinare dalla folla e lasciarmi invece da Lui amare, per poi dare qualcosa agli altri. È un desiderio, non solo l’impegno quello di sintonizzarmi, restare sintonizzata con Dio, per trovare quella profondità che non mi fa cadere nei tentativi inutili di mettere le cose a posto. Per questo il salire sopra a questi modi di fare che tutti abbiamo, non è per superiorità, anzi vorrei portare su anche gli altri per vivere rapporti più autentici, conseguenza di questo lasciarmi e lasciarsi amare.


domandaSe crediamo che Dio si sta occupando di noi forse ci viene chiesto di avere un altro sguardo per conoscere un’altra strada. Rimettiti in cammino per cercare ancora… il nostro è sempre un cammino, un voler cercare un’altra strada, senza sapere cosa ci fa bene. Ma questa strada la posso trovare quando mi sento amata e mi amo. Sono due cose che non possono andare staccate. Quando mi alzo mi chiedo: io in questo momento mi sto volendo bene, mi sto amando? È una domanda importante perché se capisco che è quello che io voglio veramente fare, non mi porta verso l’altra strada che mi lascia incerta. Allora devo fermarmi per ascoltare cosa vuol dire volermi bene e sentirmi amata. Devo partire da qua. Anche quando ci troviamo una volta alla settimana per condividere il vangelo, è questo fermarci su questa la strada, che ci aiuta a trovare e vedere che è possibile vivere meglio, che possiamo dare una dimensione diversa a quello che noi facciamo. Poi ognuna di noi torna nelle proprie case, quello che ci portiamo a casa anche se è solo una minima parte di quello che abbiamo condiviso, permette di vivere meglio e di conseguenza sta meglio anche chi ti sta accanto. Oggi la società, il mondo va e gira in maniera totalmente diversa. Ma qui è il passo importante da fare, fare delle scelte per non restare nel modo che fanno di tutti. Bisogna stare dentro di noi in rapporto con Lui. Non ho trovato ancora la parola perché devo sintonizzarmi e sintetizzare questo che sento oggi…su questo volermi bene e sentirmi amata.
Per quanto riguarda la carezza, mi ritorna in mente il miracolo del lebbroso… e la carezza viene quando la persona le parole non ci sono più… quando la persona che te la dà non ha più parole, oppure quando tu stessa non hai più parole davanti a chi sta soffrendo. In quel momento le parole non potrebbero più dire niente e la carezza parla per sé, è potente, dice più di molte parole. Certe carezze che riesci a dare e che ricevi ti restano per tutta la vita.


amicaQuesto è il mio primo incontro e spero di poter venire ancora. Ho incontrato gente bellissima, e ho vissuto momenti speciali. Io sono lontana dai miei familiari e qui ho trovato un atmosfera speciale, dove tutti si vogliono bene tra di loro. Per questo la parola che io vorrei scrivere è amica, perché mi sono sentita amica di tutti voi. La parola su cui mi sono fermata è la parola felicità, perché è una parola che uso poco. Sono felice, ma non uso questa parola: ho una bella famiglia, mi sento completa, un marito, un bambino meraviglioso… e per questo vorrei impegnarmi più spesso a riconoscere questa felicità che già vivo. A volte non uso questa parola perché penso alla felicità come un livello massimo da raggiungere, e quindi è come aspettassi di arrivare a quel livello per essere felice. Ma non è così, perché quello che mi rende felice oggi va riconosciuto e dovrebbe rendermi felice anche domani.


domandaArriva la stagione, il tempo della vita in cui devi imparare a mendicare. Sembra una cosa non bella, non facile da fare e da vivere, perché tutti noi vorremmo essere autosufficienti per non avere bisogno degli altri. Ma va riconosciuto che questo voler fare sempre da soli ci allontana dagli altri, anche da quelli in cui ci stanno donando gratuitamente qualcosa. Per imparare a mendicare, a riconoscere quei tempi in cui abbiamo bisogno di ricevere, bisogna prepararsi per essere grati quando qualcuno ha cura di noi. Altrimenti, quando arriva quel tempo invece di essere grati di ricevere, diventiamo arrabbiati con il mondo, con Dio, con chi ci sta vicino. Non solo il dare è importante, perché quello a volte ci gratifica, il ricevere diventa importante perché è un arrendersi a quello che succede nella vita, senza voler continuare a gestirla e programmarla come vorremmo noi.


pacificataCi sono delle situazioni esterne della vita che mi fanno male, che bloccano il mio procedere in avanti, che calunniano il mio modo di tentare di dare vita a questo luogo. La mia reazione normale di difendermi sarebbe quello di attaccare a mia volta, ma oggi più che mai sento la chiamata da quel Dio che mi abita a diventare pacificata. Non occorre che io faccia qualcosa, non occorre che mi dia da fare per fermare le calunnie, ma posso decidermi che non occupino lo spazio del mio cuore. È un lasciare quelle lotte sterili per avere giustizia che mi lasciano dentro solo tanta rabbia. Ed è questo nome nuovo che Dio mi sta donando che fa del mio cuore il suo cielo, il luogo del mio, del nostro riposo. Sono belli questi momenti pacificati che vivo, che viviamo e li riconosco come mia resa alla grazia di Dio.

 

INCONTRO 20 MAGGIO 2018:

PENTECOSTE: IL NOSTRO VIAGGIO DAI TUONI, DAL VENTO IMPETUOSO AL SOFFIO LEGGERO...

 

Abbiamo perso la verità su noi stesse, e per sapere chi siamo ci affidiamo alcune volte a voci improbabili e illusorie. Dentro la parte più intima di noi è presente una voce sottile, un sussurro leggero, che ripete al ritmo del nostro cuore, il nostro nome, la nostra verità più profonda.

Nei nostri viaggi altrove, alla ricerca di voci suonanti, che ci diano risposte soddisfacenti, questa voce silenziosa, questa presenza discreta e paziente rimane a casa ad attenderci.

È per questo, che il nostro viaggio non finisce mai e ci troviamo per strada tra l’agitazione del cuore e ricerca di nuovi sentieri. Sentieri che premono dentro di noi, provocati da quella nostalgia che ci chiama e non ci lascia ferme nell’illusione di aver trovato, o in quel realismo che blocca ogni ripartenza. Certo bisogna allenarci a frequentare il nostro vuoto, quella nostra solitudine che reclama a volte più un riconoscimento che ci porta a desiderare di essere apprezzate più che di essere guarite.

Gesù risorto, Spirito di vita

  • Tu sai come a questo bivio mi fermo smarrita, ma Tu aspetti pazientemente la mia resa,

dove mi lascio guardare in questo mio bisogno di riconoscimento che deve essere liberato.

  • Sono i tuoi passi fedeli accanto a me che mi aiutano a dare un nome a quel vuoto che mi dilania il cuore
  • Toglimi oggi la tentazione di chiederti di tirarmi via ogni imperfezione, ogni limite, ogni debolezza e fa che mi arrendi a quel rifugio che oggi mi offri, non come un nascondiglio per contenere i danni, bensì come un trampolino che mi provoca a rialzarmi dalla polvere e diventare sorgente di speranza
  • Aiutami a non aver timore nel sentire che nel mio grembo preme ancora tanta vita, ma aiutami a non disperderla per lo sguardo che io giudice implacabile a volte do a me stessa bloccando ogni risveglio di vita nuova. Oppure che non blocchi questa vita che preme nell’attesa di poter esprimere la mia fecondità in quei rapporti familiari che una volta generati vanno per la loro strada.
  • guidami in questo viaggio interiore, dove rimanendo nel silenzio, la distanza che mi separa dalla verità di me stessa si consuma.
  • Dopo tanti sguardi ricevuti so che il tuo mi renderà quella preziosità che io sono, non perché la più brava, bella, capace… ma perché sono io
  • portami in questo luogo solitario, nascosto dentro di me e fa che lasci la paura di trovarmi sola.
  • Conducimi Tu dentro, là dove Tu sei e mi stai attendendo per farmi conoscere l’essere profondo che è in me e aiutarlo a venire alla luce e crescere.
  • rendimi spazio libero, grembo che accogliendo Te genera nuovamente Me, rendendomi feconda e portatrice della tua vita, quella che mi consegni ogni giorno e non quella che io ho già “in-sapientemente” programmato per me e per gli altri.
  • tirami fuori da quel restare seduta sulle mie abitudini, per vivere un cammino incessante, che non è un vagare senza meta, ma un viaggio per incontrare Te in me.

Quindi partiamo per questo discesa dentro di noi per accogliere la Tua presenza che ci sta aspettando, lasciando per un momento la preoccupazione per gli altri, quella tentazione di trovare delle soluzioni per chi amiamo e per cosa pensiamo bene per loro. Per curare i nostri rapporti con gli altri è necessario assumere coraggiosamente il mistero della nostra solitudine. Una solitudine che chiede di passare attraverso il primo frastuono e confusione che sentiamo e troviamo quando scendiamo dentro di noi, ma se lasciamo la paura di non farcela, possiamo poi ascoltare riconoscenti, quella voce sottile che pronunciando il nostro nome ci dona di trovare quella pace che poi ci aiuta a dare pace agli altri.

 

RISONANZE DOPO AVER FATTO IL PERCORSO: TRACCE DI CIELO

 

  • Centrata sul negativo, nel mio buio che avevo ora vedo uno spiraglio di luce. Tirami fuori da quel restare seduta sulle mie abitudini, per vivere un cammino incessante, che non è un vagare senza meta, ma un viaggio per incontrare Te in me. Ho ascoltato una voce che mi diceva di uscire dal mio essere chiusa in casa: vieni con me ad incontrare nuove persone. Ho ascoltato questa voce e sono uscita. Questo passo fatto mi sta aprendo a nuove possibilità.
  • Leggendo ho accarezzato la parola nostalgia. Poi ho letto alcune immagini… ho fatto un percorso che mi ha portato in una casa con una legnaia e lì ho sentito una voce: STARE. Non è un verbo dell’immobilismo, ma: ritrovo abitate le mie radici, è un respirare da questo polmone profondo, è vivere abitare il mio cuore, sentire il suo calore, la sua vita, nutrirmi a questa radice profonda. Stare è lavorio di cantiere, è fervore di vita, dono che viene da una vita più grande. Stare mi richiama ad ascoltare … e mi sono lasciata portare verso altre immagini e frasi. Poi non ho più sentito la parola nostalgia, ma mi è cresciuta dentro. Questo mi ha fatto piangere e fermarmi, sostare in compagnia di questa nostalgia, ad ascoltarla bene. È una nostalgia di uno stare più prolungato, profondo, che conosco bene e che ho bisogno di ritrovare perchè apre la strada all’imprevisto, all’inatteso e l’inaudito.
  • Io ultimamente mi lascio molto influenzare dalla mia stanchezza fisica che sta compromettendo un pò tutto il mio quotidiano. Ma non ha mai pensato di poter camminare con il cuore. Quindi, devo concentrarmi di più su questa possibilità, anche perché ultimamente mi rendo conto che ho bisogno di riconoscimento, di persone che capiscono il mio essere. So che non posso essere amata e apprezzata da tutti, però faccio fatica a portare e sentire l’odio che alcune persone, manifestano nei miei riguardi nel campo lavorativo. Forse mi sono posta in maniera sbagliata, ma mi fa molto soffrire sentire questo nel mio nel quotidiano, anche perché ho sempre cercato di mantenermi in pace con tutti. Sento il bisogno perciò di riprendere il mio cammino a partire dal cuore, per valorizzare la vita che mi viene consegnata ogni giorno. Essere più attenta ai doni dello Spirito che sono presenti nel mio oggi, valorizzarli e spargerli attorno a me, per recuperare alcuni rapporti con le persone con cui mi relaziono ogni giorno.
  • E’ pazzesco ma sento che lei ha parlato anche per me. Mi ritrovo anch’io a vivere queste situazioni nel lavoro, dove vivo la maggior parte delle ore della mia giornata. Non è da me, nella mia natura vivere nei conflitti e penso anche di non meritarmeli, ma mi sono arrivati gratuitamente. Mi sono buttata a capofitto per risolverli con le mie forze e possibilità. Ci ho messo anima e corpo investendo tutto e lasciandomi distruggere tutto. Forse ho sbagliato il modo, ma mi sono lasciata fare a pezzi. In quel momento mi sono detta: forse sto sbagliando l’obiettivo, pur essendo un obiettivo di pace. Ho cominciato a pregare perché ero confusa e non sapevo cosa dovevo fare: Signore fai tu.. ho bisogno di una guida…di una soluzione … e le nuove possibilità sono arrivate a casa, ti vengono a chiamare. Ho sentito la chiamata a venire quassù e ho detto a mio marito: non so perché ma io devo andare. La prima volta che sono stata quassù a passeggiare con Maddalena e don Paolo ho capito che qui c’è pace, la pace donata da Dio, dal creato e da persone vere. Quindi ho deciso di andare avanti e sono venuta a questo incontro di donne. E qui, in queste due ore è stato un continuo ricevere doni ovunque: fuori e dalle persone. Sapevo che venendo non conoscevo nessuno e questo mi piace. Ma qui ho incontrato una donna che conosco e questo mi ha fatto dire: grazie Dio perché vicino a me c’è bellezza!. Non occorre andare lontano a cercare qualcosa di bello, anzi mi confermi che attorno a me c’è già qualcosa di quello che sto cercando e questo non mi fa sentire sola. Anche nel posto di lavoro posso vedere bellezza. Poi camminando ho ascoltando l’invito di Dio che mi dice: lascia fare a me, renditi spazio libero, basta con i tuoi programmi, che nonostante l’impegno sono falliti. Ho capito che devo vivere questo momento di ricerca, di attesa, anche se faccio fatica perché io sono una che vorrebbe sistemare presto le cose e andare avanti. Anche perché le mete che mi pongo sono belle, es. per quanto riguarda la fecondità, io mi devo fermare un attimo, perché desidererei un altro figlio e invece mi dicono che non è il momento…e mi dicevo: come è possibile che non sia il momento!?! Ma forse, questa attesa che io non mettevo in conto, mi sta proprio dicendo: fermati… i tempi di Dio non sono i tuoi. Così mi fermo e lascio che la pace mi venga ad abitare, così poi la posso dare. E devo anche lasciare la preoccupazione di fare e di risolvere le cose che non vanno, per stare ed accogliere quel qualcosa che è per me. Per questo mi porto a casa la frase del percorso: camminerò nel tuo silenzio, per accordarmi con le tue chiamate di sorpresa! La bellezza della parola sorpresa mi riempie il cuore perché so che Dio può farci queste grandi sorprese.
  • Ho desiderato di fare questa passeggiata ogni mattina per leggere questi cartelli che portano dei messaggi che mi parlano dentro: camminare con il cuore… il vero viaggio consiste nel vedere con occhio nuovi … tu tracci per me una strada… ogni istante può accadere….

Mi sembravano le dieci regole d’oro per vivere bene. Bisognerebbe fermarsi ad ogni cartello per scavare dentro, per togliere quella crosta che non riesco a grattare bene per andare in profondità. Per fare questo devo anche volermi più bene. Quando impari ad amarti, o meglio quando ci sentiamo amate tutto può succedere…ma cosa vuol dire sentirsi amate? Ognuno lo vive in maniera diversa. Ma se partiamo da questo sentirci amate si può imparare a volerci più bene, per quello che siamo, per la vita che abbiamo fatto, senza sentirci egoiste, cattive, senza giudizi che ci vengono dettati dall’educazione che abbiamo ricevuto. Quanto importante sentirci amate per volerci più bene. Partire bisogna… mi sembrava che ogni cartello mi desse una botta in testa… boh… e adesso… ti muovono queste frasi… ti toccano dentro e servono per buttare via quello spessore accumulato di anno in anno e veder con occhi diversi. Magari le strade già tracciate c’erano anche prima e io non le ho volute vedere. Anche quel uomo che è passato oggi accanto a noi, passava con delle cose pesanti nel cuore e non sapeva di trovare. Ma lungo la strada ha trovato un posto dove dissetarsi, sfamarsi, fare quattro parole. Ha trovato qualcuno che lo ha accolto… era una strada già segnata per lui per sostare, e per noi che l’abbiamo accolto.

  • Conducimi tu dentro là dove tu sei…nelle ultime due settimane ho vissuto delle cose belle dove mi sono sentita portata, sollevata. Quando molliamo i programmi e lasciamo che la vitala porti Dio, le cose vanno meglio. Venerdì avevo perso la pace… ma oggi raccontando qualcosa di me a Tiziana, il racconto mi ha permesso di rientrare dentro e di riequilibrarmi. Per questo dico grazie. Anche quell’uomo che abbiamo incontrato stamattina, la sua sorpresa di trovare, mi ha fatto ritornare con la mente ad un incontro che ho fatto e che è stato per me importante. Sembrava che fosse venuto a caso, ma non era un caso, le vie dello Spirito passano dove noi non ce lo aspettiamo e ci permettono di annunciare la vita che ci viene donata, se noi accogliamo quello che viene. Lo Spirito ha altre vie, la mia fatica è mollare le sicurezze, e affidarmi in continuazione alla vita, e lasciare che questa vita accada, in divenire. Non si buttano i programmi, perché siamo chiamate a vivere il nostro quotidiano, ma quando le situazioni non ci permettono di capirci, bisogna fare un passo indietro, fare silenzio e lasciare che le cose le faccia lo Spirito e poi… le cose vanno a posto da sole.
  • Nella mia riflessione di oggi è risuonata in me la parola equilibrio. Oggi lo Spirito Santo ci parla di impeto, leggerezza… e mi ritorna in mente l’omelia di ieri sera, dove il “don” lo ha paragonato ad una piuma che si posa leggere, a volte in modo impercettibile, ma questo peso impercettibile può trasformare i nostri equilibri. Per questo chiedo allo Spirito di essere spazio libero, perché uno spazio libero permette di fare tanto se non metto paletti allo Spirito, che riesce entrare, ed arrivare. E quando entra, non ci sono parole, né immaginazioni possibili, che spiegano fin dove ci può portare e che cosa può fare. La vita non è altro che un pellegrinaggio verso il luogo del cuore, ma non per trovare terre nuove, ma per vedere con occhi nuovi. Oggi c’è l’ansia di chiedere: ma cosa hai trovato, cosa hai visto… non si tratta di trovare delle novità, ma siamo noi oggi questa novità…e questo è sorprendente!
  • Tu tracci per noi una strada anche quando rimane nascosta, e parli al mio cuore anche quando soffro il tuo silenzio. Qui devo continuare a fare sempre un grande atto di fede. Non devo essere tesa per fare che tutto sia posto, non devo trafelarmi, ma sapere veramente aspettarLo, ascoltarLo e lì le strade le trovo, ci sono. Solo che certe volte mi chiedo: ma dove sei, non vedi che le cose non vanno al loro posto…, non è facile per me stare in attesa quando mi prende l’agitazione per le responsabilità dovute sia al ruolo che occupo, sia perché ho a cuore tante situazioni, dove non sempre riesco a trovare le risposte giuste. Per questo mi è rimasta la frase che non è importante conoscere cose nuove, ma vedere con occhi nuovi le cose di tutti i giorni. Siamo noi che facciamo la differenza se guardiamo con gli occhi della fede, di Chi ci ama e ci dice: stai tranquilla, io sono qua, affidati e fidati. E allora si possono trovare questi occhi nuovi per guardare diversamente la realtà di tutti i giorni.
  • Camminerò nel tuo silenzio, per accordarmi con le tue chiamate di sorpresa! Anche a me ha colpito l’incontro di oggi con Pierantonio, e mi ha riportato alla mia esperienza. Facendo il percorso mi rendo conto che quelle volte che volevo essere d’aiuto nei confronti di una persona ci mettevo solo del mio, ma facendo questo non lasciavo spazio a Dio, un Dio che può dire: se non fai spazio, a cosa servo, non servo a niente! Quando invece io non cerco di portare solo il mio, Dio mi porta dentro a delle situazioni che non avrei mai pensato di incontrare. Importante lasciarmi guidare. Non cercare nuove terre, ma vedere con occhi nuovi… ho fatto un esame di coscienza e mi accorgo che desidererei un atteggiamento diverso, ma lo desidero con rabbia, perché è qualcosa che mi manca. Desidero lasciare andare questa rabbia per vedere con occhi nuovi, perché questo mio modo di agire si attacca ad una ripicca: adesso ti do una lezione. Questo mi ha fatto fare un esame di coscienza, e mi sono resa conto che così facendo, vado avanti solo con la testa senza potare giù nel cuore la riflessione. Posso quindi riconoscere che la situazione è pesante e mi fa male e voglio fermarmi lì senza lasciarmi invadere dalla rabbia. Una sintesi finale del percorso è che sta nascendo qualcosa di nuovo che mi dice: più che un fare è lasciare, più che un fare è restituire, più che un fare è lasciarsi amare.
  • Provocata dalla nostalgia che ci chiama e non ci lascia ferme nell’illusione di aver trovato… mi ha fatto tornare in mente quella poesia che parla di quiete dopo la tempesta. Io sto vivendo la quiete, ma una quiete tempestosa. Ma è una tempesta che non mi fa male, ma che vivo come movimento. Il percorso mi ha fatto fare un esame di coscienza, mi ha posto delle domande: la mia è quiete è staticità o illusione di avere trovato? È una domanda che mi pongo e lascio là, perché non mi do una risposta. Un’altra frase che mi ha colpito: abbiamo bisogno di uno spazio ospitale e mi sono chiesta se io sono questo spazio per me stessa e per gli altri. Ma l’altro interrogativo che mi sono posta è se sono capace di accogliere me stessa, perché so che da questa accoglienza di me poi dipende anche il mio accogliere gli altri. Altra frase: tutto ciò che vive desidera la carezza, ma io sono capace di carezza per gli altri, una carezza non solo fisica ma di bene, che poi vorrei anche per me? È egoismo questo? No, volersi bene non è egoismo, ma queste uscite moralistiche sono quelle tempeste che sono in agguato ed escono sempre da qualche parte. Altra cosa che mi sono chiesta è: so stare in silenzio o fare silenzio? So di essere capace di stare in silenzio, e non mi costa fatica, ma farlo dentro è più difficile perché poi ecco arrivare la tempesta.

Tronchi a cerchio, vicini

lasciano spazio all’armonia rotonda

Inizio che sa di infinito

un continuo generare.

Alle spalle una croce di legno

Come alba che accoglie il tramonto nel suo divenire.

Il soffio accarezza quel tronco

e passa oltre al di là del conosciuto.

 

  • Essere qui mi da pace. Il silenzio, questo posto mi fa so-stare dalla vita quotidiana piena. All’inizio mi ha colpito la parola profondità, perché dopo aver messo al mondo tre figlie, ho vissuto tanto il darmi tanto da dare e da fare. Sono passati alcuni anni, le figlie sono ancora piccole, ma il mio dare in quella dimensione materna è finita. La mancanza di energie che sento in questo periodo, mi fa soffrire e mi fa dire che non sono più feconda, non solo nel non fare figli, ma anche nel lavoro perché mi sento svuotata e incapace di dare tutto quello che richiede. All’inizio del percorso ho fatto fatica, perché pur desiderando questo tempo per scendere nella mia profondità, nel momento in cui lo potevo fare, non è stato facile svuotarsi da pensieri e preoccupazioni per gli altri, e dare la priorità solo a me stessa. Poi mi sono lasciata andare e leggendo le frasi e le immagini mi hanno riportato a quello che sono io: le montagne, il camminare, il paesaggio, la natura mi fa sentire a casa mia. Dio mi chiama qui, in questo modo, e in questo ambiente mi ritrovo ad ascoltare la mia sofferenza, lasciando andare tante cose per fare spazio un po' a me. Tu tracci per noi una strada anche quando rimane nascosta… tante volte voglio vedere cosa fare nella vita, cosa vuole Dio da me, ma devo forse sostare, rallentare e lasciarmi guidare da questo Spirito che è una forza grande… Quando sei stanca, cammina con il cuore: ma come? Cosa vuol dire? Questo voglio portare a casa, questo il cammino che vorrei fare, insieme a quella carezza del Creatore di cui tutti abbiamo bisogno. Io sono un essere vivente, io vivo e tante volte non mi basta la carezza delle persone fisiche che sono accanto a me. Ho bisogno della carezza di Dio, delle carezze che ogni giorno mi dona in tanti modi, ma chiedo di saperle cogliere con occhi nuovi.
  • C’è una frase che mi ha provocato, che rimanesse in me la frase che più mi parlava: c’è bisogno di un luogo accogliente dove deporre tutte le nostre sofferenze. C’è questo bisogno non necessariamente di un luogo fisico, può essere anche in noi, dove possiamo deporre tutta la nostra stanchezza. Tutte le maestre hanno parlato di questa stanchezza, perché chiamate a dare ascolto a tanti bisogni dei piccoli che chiedono molta cura e attenzione, e a questo si aggiunge anche il rapporto non sempre accogliente tra colleghe, anzi, a volte, caricato di ostilità, di parole pesanti, di richieste…. Ma Dio se ce la sto mettendo tutta, oltre a questo non so cosa dare. Forse il problema è in me… per questo c’è bisogno di un luogo altro, che non ti chiede il curriculum, se hai fatto il corso sulla sicurezza, ecc… un luogo che non ti chiede niente, ma soltanto di stare. Ma si fa fatica a trovare un luogo, un orecchio senza giudizio… diventa molto difficile e per questo si prova una grande stanchezza. Bella la frase che dice quando sei stanca con le gambe cammina con il cuore… ma quando succede il contrario, dove sei stanca di metterci il cuore, sei stanca moralmente, spiritualmente e senti che sei viva solo perché le gambe vanno una dietro all’altra e cammini, solo perché vai dietro agli altri, cosa fare? È una stanchezza morale di cui non ci sono stampelle! E a chi importa, chi se ne frega? Devi ricorrere solo a te stessa, a quel Dio che è dentro di te. Ma come trovarlo, incontrarlo, e trovare le strade nascoste che Lui hai segnato dentro di me? Io sono talmente cieca che in 52 anni non riesco nemmeno vedere l’inizio di questa strada. Sarà che ho fatto una strada totalmente altra che ora sento il bisogno di prendere il senso contrario, tanto da non volerne sapere più di questa. Ho trovato bellezza, ma anche ostilità, gara e competizione. Allora sento il bisogno di lasciare fare alle altre, ma io ci sono e non posso nascondermi. Ci sono anch’io, e non riesco ad essere invisibile. E per questo ogni giorno quando mi alzo prego: Ti ringrazio Dio per questo giorno, ma vedi tu di riportarmi a casa di nuovo, perché là non ci voglio andare, perché là mi sento schiaffeggiata nella mia umanità.
  • Io oggi mi sentivo stanca e non avevo voglia di stare da sola. E ho tentato di capire cosa fare. Quando ho finito di leggere la traccia, ho alzato gli occhi e ho visto accanto a me Anna e per questo la ringrazio perché ci siamo ascoltate a vicenda. Lei mi ha fatto capire che forse ho paura… e così mi sono lasciata guidare da questa frase: Conducimi Tu dentro, là dove Tu sei e mi stai attendendo per farmi conoscere l’essere profondo che è in me e aiutarlo a venire alla luce e crescere. Quindi mi sono lasciata condurre da Lui attraverso l’incontro vissuto oggi. La perla che ho trovato oggi è stato proprio questo incontro, che ha permesso alla mia paura, pian piano di sciogliersi.
  • Per me una giornata speciale per essere partita fin dal mattino e avere scelto io di venire qui. E non sentire nessun rimpianto. Ho letto tutti i cartelli, e li ho sentiti tutti per me, tutti collegati, tutti con un senso. Bello quel cartello che mi dice oggi di vedere con occhi diversi. E’ quello che tento di fare allenandomiogni giorno. Ogni giorno c’è la sua pena, ma ogni giorno tento di vedere qualcosa di bello. Niente di quello che succede cambia il Suo amore per me. Il suo amore c’è, certo spetta a me accoglierlo. Riuscir a vedere il bello, mi dà carica. Importante non lasciarmi più prendere dall’ansia dei progetti, di cosa fare, e quando arriva cerco di allontanarla e questo mi permette di viver l’oggi, di vivere più serena, vivere in pace. Desidero vedere con questi occhi nuovi. Toglimi la tentazione di chiederti di tirarmi via ogni fragilità, debolezza ecc…; non voglio lasciarmi prendere neanche dal bisogno di chiedergli questo, ma solo dal desiderio di lasciargli spazio.

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TRACCIA per l'INCONTRO DONNE del 22 APRILE 2018

 foulard

La parola di Dio che ci viene proposta in questo tempo dopo la festa di Pasqua, ci chiede di acquisire una profonda libertà verso noi stessi e verso gli altri. Per questo è un tempo privilegiato per mettere meglio a fuoco quali sono le voci e le autorità da cui ci lasciamo ogni giorno guidare. Molte volte abbiamo l’impressione di essere molto obbedienti nella vita di tutti i giorni, consumandoci e impegnandoci in tante cose che, in realtà, diventano un po’ alla volta forme di idolatria che ci rendono schiave. Siamo partite dalle necessità cui rispondere, delle urgenze ed emergenze cui far fronte e siamo arrivate a rendere padroni della nostra vita cose non essenziali, strumenti che da utili diventano capaci di strumentalizzarci, affetti che ci legano in modo sbagliato… Risorgere con Cristo significa verificare se ciò a cui stiamo vincolando la nostra libertà sia realmente qualcosa che Dio ci ha chiesto e non piuttosto un ideale di perfezione e di coerenza, che stiamo faticosamente tentando di conquistare.

Il salmo 135 ci invita a ripercorrere la nostra storia, per vedere quali sono state veramente esperienze di liberazione. Il far memoria ci permette di dare senso agli eventi come parte di un discorso di Dio, della tenerezza, dell’amore, del perdono con cui ha accompagnato la nostra vita.

E’ una lunga litania che canta: eterna è la tua misericordia… il tuo amore, la tua tenerezza… che pervade tutti i passi della storia di un popolo in cammino. Ma quel popolo non è lontano, quell’Israele sono io, è la mia famiglia, la mia comunità ecc... E’ un tornare con la memoria del cuore dentro a quei fatti, che solo dopo ci rivelano un amore grande, che non ci ha lasciati in preda a quelle passioni che ci fanno tenere prigioniere delle nostre attese, bisogni e meriti acquisiti. È solo la memoria del cuore che ci permette di accettare anche quelle parti incompiute di noi stesse, perché avvolte dalle sue viscere di misericordia.

Salmo 135 

1Rendete grazie al Signore perché è buono,

perché eterna è la sua misericordia.

2Rendete grazie al Dio degli dèi,

perché eterna è la sua misericordia.

3Rendete grazie al Signore dei signori,

perché eterna è la sua misericordia.

4Lui solo ha compiuto grandi meraviglie,

perché eterna è la sua misericordia.

5Ha creato i cieli con sapienza,

perché eterna è la sua misericordia.

6Ha disteso la terra sulle acque,

perché eterna è la sua misericordia.

7Ha fatto le grandi luci,

perché eterna è la sua misericordia.

8Il sole, per governare il giorno,

perché eterna è la sua misericordia.

9La luna e le stelle, per governare la notte,

perché eterna è la sua misericordia.

10Colpì l’Egitto nei suoi primogeniti,

perché eterna è la sua misericordia.

11Da quella terra fece uscire Israele,

perché eterna è la sua misericordia.

12Con mano potente e braccio teso,

perché eterna è la sua misericordia.

13Divise il Mar Rosso in due parti,

perché eterna è la sua misericordia.

14In mezzo fece passare Israele,

perché eterna è la sua misericordia.

15Vi travolse il faraone e il suo esercito,

perché eterna è la sua misericordia.

16Guidò il suo popolo nel deserto,

perché eterna è la sua misericordia.

17Colpì grandi sovrani,

perché eterna è la sua misericordia.

18Uccise sovrani potenti,

perché eterna è la sua misericordia.

19Seon, re degli Amorrei,

perché eterna è la sua misericordia.

20Og, re di Basan,

perché eterna è la sua misericordia.

21Diede in eredità la loro terra,

perché eterna è la sua misericordia.

22In eredità a Israele suo servo,

perché eterna è la sua misericordia.

23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi,

perché eterna è la sua misericordia.

24Ci ha liberati dai nostri avversari,

perché eterna è la sua misericordia.

25Egli dà il cibo a ogni vivente,

perché eterna è la sua misericordia.

26 Lodate il Dio del cielo,

perché il suo amore E’ SEMPRE!

ALCUNE DOMANDE PER RIFLETTERE:

 

Un mare che mi si para davanti e mi impedisce di procedere. Mi fermo davanti a questo mare e comincio a darci un nome…

 

Divise il Mar Rosso in due parti…

Ecco il passaggio… una strada in mezzo al mare si apre... posso passare Vedo questo due parti: mi trovo davanti a questo passaggio di liberazione e corro il rischio di non passare perché in fondo mi dico che è tutto un mare. Non distinguere, non riconoscere che ci sono due parti, lasciarmi condurre dalla testa che dice: fa lo stesso, una cosa vale l’altra, non importa…mi impedisce di scegliere. Sul più bello che tutto di me è pronto per vivere questa liberazione mi fermo…. A cosa do ascolto?

C’è oggi nella mia vita un Mosè che con la sua solidità mi dice di fidarmi…? Mi fido?

C’è stato qualcuno che ha diviso il mare che mi ha permesso di attraversare quella sofferenza, che altrimenti da sola ci sarei affogata dentro?

Mi sono fidata, mi sono arresa non alla paura ma alla fiducia. Posso dare un nome ad un evento in cui il dare fiducia mi ha permesso di vivere un passaggio che credevo insuperabile?

 

Vi travolse il faraone e il suo esercito:

Dietro sento un rumore pauroso che incalza… che mi raggiunge … sono armati, mi inseguono…. Chi sono?

Mi giro e tutti quei carri e cavalieri che mi inseguivano, quelli di cui sento ancora il fiato sul collo non ci sono più, o meglio li vedo morti. Che cosa è successo? Chi erano? Perché non hanno più questo potere su di me?

Colpì l’Egitto nei suoi primogeniti

Questo figlio che per primo ha rotto, ha aperto il nostro utero (ci ha reso e ci ha fatto sentire feconde), è quello che oggi dobbiamo portare dentro questo mare per essere liberate. Il primogenito è una aspettativa continua. E’ diventato un nostro possesso, un idolo che ci incatena entrambi. Ora ci viene chiesto di lasciare che Dio lo colpisca, cioè che lo stacchi da noi. Quello che abbiamo sentito primogenito nella nostra vita perché ci ha reso feconde, rischia di farci entrare in quella sterilità, schiavitù perché è diventato il faraone della nostra vita a cui ci sottomettiamo.

Quanti doni sono diventati faraoni?

Quanti talenti, quante capacità che ho usato solo per me, nella ricerca frenetica della mia realizzazione?

 

Colpì grandi sovrani…

Se sono sovrani nella mia vita vuol dire che hanno preso spazio, tempo, respiro in me… Il Signore vuole colpire il bisogno che mi ha portato a lasciare spazio nella mia vita a queste persone o fatti che mi hanno invaso la vita, l’hanno occupata, l’hanno diretta secondo scopi e fini personali.

Quale gancio sto ancora offrendo a questi sovrani che mi tolgono spazio vitale, non permettendo a Dio di colpirli perché io sono ancora attaccata a loro e Lui non vuole colpire anche me?

 

Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi

Lui non si dimentica mai di noi, solo che viene a noi quando noi ne abbiamo bisogno. Chi è piena di se stessa non se ne fa niente di un Dio misericordioso. Dio vuole liberarci dalla condanna di un’esistenza tutta concentrata su noi stesse. Dio vuole svuotare il nostro cuore dai sensi di colpa, dovuti alla rincorsa della nostra immagine di perfezione, per colmarlo della gioia di essere salvate.

Perché facciamo di tutto per mostrare la nostra bravura, quando l’annuncio che raggiunge il cuore degli altri è quello di saper narrare il nostro fallimento, le nostre fragilità senza averne più vergogna?

 

Egli dà il cibo a ogni vivente

Il vivente è colui che accoglie il Veniente. C’è solo un altro modo per assaporare la vita, accogliere Lui, mangiare la sua parola come nostro cibo per compiere il tragitto dalla pancia al cuore. Solo così riusciremo a diventare sensibili alle piccole occasioni quotidiane di cui i nostri giorni sono ricolmi. Senza lasciarci prendere dalla paura che ci venga chiesto più di quello, o di perdere quello che abbiamo in tasca. È fidarci che ogni giorno Lui che si riversa in noi con la sua misericordia, ci permette trovare dentro le nostre piccole tasche, ancora un po' di più di amore.