ATTENDERE UN EVENTO

O ATTENZIONE A CIO’ CHE STA GIA’ AVVENENDO?

O cieli piovete dall’alto o nubi mandateci il santo;

o terra, apriti o terra e germina il Salvatore!

 

albero neveQuesta riflessione nasce da un confronto tra insegnanti, catechiste e famiglie. Provocati dall’inganno che inizia addirittura a metà ottobre, quando nei centri commerciali hanno esposto già decorazioni e regali natalizi per sollecitarci a vivere una festa, ci siamo interrogati sul tempo di avvento così come ce lo propone l’anno liturgico.

Avvento, un tempo spesso presente nella nostra vita, perché siamo sempre in attesa di altro, di oltre. Il nostro cuore inquieto va alla ricerca di pienezza e si appesantisce ingombrato da tante aspettative. Il desiderio umano si traduce sempre nel desiderio d’altro: quello che ho non è mai sufficiente, non è mai abbastanza. 

Ma la quantità di esperienze serve solo a stordirci. L’uomo non è fatto per la quantità ma per la qualità. 

Forse più che attendere, bisogna porre attenzione a ciò che sta avvenendo, a ciò che è già presente nella nostra vita: un cielo che si apre per far nascere nella nostra terra un salvatore.

Di che salvezza abbiamo bisogno?

scala01Forse di lasciarci raggiungere da quello spiraglio di luce che ci risvegli dal nostro stare seduti dentro le nostre abitudini. Nella loro ripetitività ci danno sicurezza, ma non ci accorgiamo di come invece ci spingono a correre con quei ritmi che non rispettano più quello del cuore. Presi da mille impegni, aspettative viviamo spesso nella dimensione orizzontale e meno in quella verticale. Qui il cuore si fa lento, resta indietro, arranca appesantito dal nostro modo di gestire la vita in proprio. Eppure siamo impastati di terra e di cielo e se non facciamo unità viviamo uno sganciamento, uno “scentramento”.

Luigi Tenco dice: “sono fuori di me e sto in pensiero perchè non mi vedo tornare”.

Il Padre, che vede questo nostro essere frammentati e dispersi, manda il suo cielo tra di noi: suo figlio, per aiutarci a ritrovare e vivere la nostra dimensione di cielo. E’ questa nostalgia di respiro, di vita ampia che ci mette in cammino. Un cammino possibile se si è capaci di sostare, se si ha il coraggio di perdere tempo per ascoltare, per porre attenzione a quello che succede non all’esterno, ma dentro di noi. Altrimenti - come dice Manicardi – rischiamo di annegare non nella profondità, ma nella superficialità.

Solo in profondità possiamo scoprire di avere una vita intima che non attende più significati dall’esterno, ma si mette in ascolto di ciò o Chi la abita. Questa discesa in profondità ci permette di uscire da quell’inganno di una vita piena solo perché riempita di cose, di bisogni saziati… e in noi si fa quel vuoto che ci aiuta a dare un nome a ciò che veramente ci manca. Solo se accettiamo di stare in questo vuoto, senza colmarlo con un godimento immediato, si apre lo spazio a nuove possibilità, ma intraviste e accolte perchè si invoca un aiuto, una presenza.

Vuotati, perché tu possa essere riempito; esci, per poter rientrare” (S. Agostino).

Gesù non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso (Fil. 2,7)

Avvento che non è fare pulizia di tutto quello che in me non va, ma è prima di tutto sgomberare la mente dall’idea che dobbiamo noi fare qualcosa per Dio. E’ lui che vuole compiere qualcosa in noi, proprio là dove noi tentiamo di dissimulare il nostro bisogno, presentandoci con i nostri profili migliori.

Non ci viene naturale pensare all’avvento come tempo per presentare le nostre fragilità, i nostri limiti, i nostri peccati… è più naturale farlo nel tempo quaresimale. Ma proprio perché nasce per noi, il Salvatore entra in ciò che in noi è buio, è triste, è fragile.

È sgombrare per farsi grembo: non mi aspettavo di poter essere grembo. Come avverrà questo?
Come ti sistemerai tra i miei peccati e le mie miserie, tra le mie durezze e le mie chiusure, tra i miei egoismi e le mie rozzezze?
  (don Cristiano Mauri)

Cerchiamo amore, pienezza, felicità e andiamo mendicanti a chiederlo a chiunque e ovunque. Ma la sorgente dell’amore è dentro di noi. Come dice la lettera a Diogneto: “se smettiamo di avere nostalgia delle cose di lassù … pretenderemo che le cose di quaggiù diventino il tutto”. Che gli affetti, il lavoro, le relazioni, le cose siano il tutto e così facciamo di tutto per averle. Ma poi non ci danno quella pienezza tanto cercata ed ecco dove nascono la violenza, la rabbia, il risentimento...

Quindi è provvidenziale la voce del Battista che in questo tempo ci grida: preparate la via al Salvatore. E’ una via non lontana, ma che va preparata dentro di noi.

Svuotarsi per scendere nel profondo

Troviamo nel catechismo della Chiesa Cattolica questa bellissima descrizione dell’interiorità: “Il cuore è la dimora dove sto, dove abito (secondo l'espressione semitica o biblica: dove “discendo”).  E' il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. E' il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. E' il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. E' il luogo dell'incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell'Alleanza. (CCC 2563)ges

Bello questo Dio che ci attende e ci aiuta a percorrere i sentieri del cuore. Bello questo Dio che si fa piccolo pur di entrare in tutto ciò che ingombra la mia vita. Quello che ci chiede è semplicemente offrire la nostra attesa, la nostra capacità di accoglienza, perché Lui la possa riempirla con la sua presenza.

Per quante smentite e ferite il nostro cuore abbia accumulato, Lui viene. Possiamo cominciare da questo piccolo Gesù che accogliamo dentro di noi, perché il desiderio di cielo diventi anche la speranza della nostra terra.

Possiamo appoggiare la nostra testa tra le braccia che quel bambino tende a noi, che ci toglie ogni ansia di prestazione e ci fa trovare in quel contatto la resa di un abbandono.

Il cielo dentro di noi

Quando in Avvento cantiamo “o cieli, piovete dall’alto il Salvatore” e a Natale “tu scendi dalle stelle” non è una semplice immagine folkloristica per dare colore alle celebrazioni. E’ la verità dell’incarnazione che preghiamo nel Padre nostro, quello che è nei cieli, perché sia fatta la sua volontà, come in cielo così in terra. Quale rovesciamento della mentalità religiosa di ogni uomo e di ogni tempo deve avvenire ogni anno perché succeda il miracolo e non la magia del Natale?

Apriamo gli occhi a ciò che avviene: il grande che si fa piccolo, l’eterno che entra nel tempo e lo vive fino in fondo, perché l’uomo ritorni alla sua immagine di Dio. La festa che possiamo vivere insieme è quella di lasciare che sia quel piccolo, le sue mani, il suo abbraccio a restituirci la bellezza della somiglianza di Dio. O partiamo da qui o non c’è la nostra e altrui ri-nascita.