DOVE NASCE IL POSTVANGELO

Nella rete troviamo molti commenti per introdurre la lettura del Vangelo domenicale. Sono pubblicati in siti e riviste, aiutano l’ascolto personale. Sono nati dal bisogno del prete di preparare una predica per la domenica, sono cresciuti nei gruppi del Vangelo ecc… Ogni anno si arricchiscono di una lettura che va oltre l’esegesi specifica, che dialoga con la realtà quotidiana.

Nella casa della custodia la domenica, magari bevendo il caffè, l’argomento che ricorre spesso è la risonanza al Vangelo ascoltato a Messa. Ognuno lo rilegge con la propria vita, con le proprie domande e tornarci sopra è un dilatare quello che il cuore ha ascoltato, per poterlo custodire.

E così, raccogliendo questi frammenti ecco il Vangelo del Lunedì, il Post Vangelo… per l’esercito dei selfie, soltanto like a un altro Post. Invece di dire: non ho capito, e andare avanti con la propria mentalità, lasciamo che il sostare sulla Parola ascoltata sia il modo per scendere in profondità, dove la vita sta già tessendo la sua trama nel nostro cuore.

Domenica 24 novembre 2019

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno C

Luca 23, 35-43

 

35Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 

ELOGIO DEL LADRO

 

San Luca rappresenta le persone attorno a Gesù in croce come coloro che stanno a guardare uno spettacolo (23,48). E’ molto affollata la scena, e tutti hanno la sua da dire. Siamo in quel momento in cui si rinnovano le tentazioni nel deserto, come un appuntamento dato dal diavolo, che puntualmente arriva a riproporre sfidare per vedere chi comanda nella nostra vita.

Salva te stesso. C’è un anche oggi un modo di leggere gli eventi e le situazioni come frutto di un meccanismo (tecnico- economico) che non possiamo cambiare. E così diamo la nostra vita in mano ai poteri esterni che la manovrano e condizionano. Solo il profeta in croce ci dona una chiave di lettura per leggere lo strapotere dell’economia e opporsi al fatalismo di lasciare tutto com’è.

Il profeta RE rifiuta di inchinarsi al meccanismo del dare e avere: rimane inchiodato alla fedeltà all’umano e per questo è in compagnia di ladri. Chi comanda lo considera un ladro perché deride chi si ferma e non corre come gli altri.

Gesù fa il re in compagnia del ladro che ammette di esserlo e non si vergogna di fare il colpo della vita.

Ecco il mistero del Vangelo di oggi: un uomo che sa contemplare lo spettacolo della croce e vi vede il regno di Gesù.

Vede Gesù come un profeta e prorompe in un grido con l'ultimo respiro rimastogli in gola: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23, 42). 

Un grido, che riconosce da una parte la propria necessità di essere raggiunto e riportato in vita, e dall'altra la Vita che mi ha raggiunto per un abbraccio che non avrà fine: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23, 43).

Gesù era in un momento dove era scomparsa la meta, al di là del grido “Dio mio perché mi hai abbandonato!” non c’era più possibilità di vita. Il compagno di croce lo ha risvegliato alla coscienza di quella forza che ha sempre manifestato nella sua vita: il potere di servire e dare la vita, invece di prenderla dagli altri. Gesù ha ascoltato l’unica voce di vita in mezzo alle tanti voci del potere che sembravano invincibili e ha ritrovato la sua chiamata di figlio del Padre.

Dove siamo in questa scena? Restiamo spettatori che cercano di salvare se stessi nel commercio del dare e avere con Dio o alziamo il nostro grido di poveri invocando la giustizia che viene da Dio?

 

Domenica 17 novembre 2019

XXXIII domenica del TO. Anno C

Lc 21, 5-19

 

«Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6"Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta". 7Gli domandarono: "Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?". 8Rispose: "Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine".10Poi diceva loro: "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

 

POVERI DENTRO

 

Nel Vangelo di Luca di queste ultime domeniche ritroviamo un quadro meraviglioso sul senso della vita. Ci sono due modi di vedere la vita, e li abbiamo tutti e due dentro, ne abbiamo proprio bisogno, non possiamo farne a meno, dobbiamo solo chiamarli per nome.

Gesù ascolta le chiacchiere del tempio: erano curiosi di sapere quando verrà la fine del mondo, perché un minuto prima Dio avrebbe salvato il suo popolo. E’ molto presente nel cuore dei credenti il senso di attesa delle cose ultime per dimostrare (finalmente) che noi, i prescelti, avremo un trattamento diverso dagli altri.

Ma Gesù, in altre parti del Vangelo, parla del tempio come un posto di ladri. Pone una questione più urgente di quello che accadrà alla fine, è il nostro atteggiamento attuale di fronte a Dio,

  • o siamo interessati (secondo un dare e un avere, io posso, comunque ladri di fraternità, preoccupati di noi fino a squalificare gli altri, come il fariseo con il pubblicano, perché solo facendo i confronti ci sentiamo un po’ più tranquilli)
  • o siamo poveri che attendono (secondo una gratuità, so che non posso e aspetto, invoco, comunque ladri di paradiso, come il buon ladrone).

Quello che cambia in questo atteggiamento è il punto di partenza.

  • Da una parte mettiamo a disposizione degli altri le nostre risorse, le cose che possiamo fare;
  • dall’altra condividiamo la fragilità, le sconfitte e l’incapacità a realizzare da soli il regno di Dio, uscendo dalla nostra presunta autosufficienza.

Ci portiamo dentro queste due partenze e motivazioni, non possiamo farne a meno. Ma sono gli occhi insistenti della vedova, quella della parabola di domenica 20 ottobre, che bussano da dentro di noi e ci rivelano il desiderio del cuore.

Infatti continua il Vangelo: come la vedova di fronte al giudice saremo portati davanti ai tribunali a gridare il desiderio di giustizia a chi non ha interesse ad ascoltarlo. Solo con la coscienza di essere minoranza, in esilio in questo mondo, non per sfortuna, ma per scelta consapevole. Allora lo Spirito darà parola e sapienza per la vera testimonianza di Cristo.

Siamo lì a guardare le belle pietre? Sono bellezze rubate, che hanno la fragilità del tempo che passa.

Siamo in grado di specchiarci negli occhi di chi si fida solo di Dio? Scopriremo in loro il riflesso dell’eternità, di ciò che non muore perché ha molto amato.

Sono i poveri che ci interrogano:

  • o continueremo comunque a fare tanto per gli altri e a trattarli da piedestallo della nostra autosufficienza (o peggio causa delle nostre apocalittiche paure, ci invadono…!)
  • oppure saremo interrogati dallo sguardo di chi si affida e con insistenza domanda giustizia a chi non si sente in dovere di farla. Ma alla fine saremo costretti ad ammettere di avere dentro di noi questo grido del povero che invoca, che siamo noi i poveri, anche se non vogliamo ammetterlo…

 

Domenica 10 novembre 2019

XXXII domenica del Tempo Ordinario,  Anno C

Lc 20, 27-38

«Gli si avvicinarono alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e gli posero questa domanda: 28"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie". 34Gesù rispose loro: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito:36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui"».

 

GENERAZIONE SOSPESA, MA NON ARRESA

 

Ogni epoca storica ha tradotto con comportamenti l’aspirazione alla vita che non muore per affrontare ogni giorno la fatica delle contraddizioni del limite umano, la malattia, la morte prematura, la violenza… Quando la Bibbia parla di molti figli e di resurrezione indica la strada per la pienezza della discendenza, per superare il limite posto dalla morte.

E oggi come traduciamo questa aspirazione alla vita in pienezza? Per la prima volta nella storia la nostra generazione si trova sospesa tra nonni e nipoti. Comincia a diventare significativo il numero di 50enni/60enni con i genitori da accudire e nello stesso tempo con i (pochi) nipoti che riempiono la giornata e la vita. Tanto che chi ha perso i genitori prematuramente si sente un pò più orfano di una volta e chi attende i nipoti non arrivano si sente privato di un modo per esprimere la tenerezza. Questo allungamento dell’età è un tempo nuovo in tensione tra anziani depressi che dicono (senza crederci) che non arriva mai il tempo della morte e giovani titubanti a lasciare spazio alla vita, tanto c’è tempo, (40, 45 anni)…

Così noi, generazione di mezzo, sospesi tra queste realtà, abbiamo un’opportunità unica, se accogliamo la prospettiva della resurrezione. Ma c’è uno scoglio da superare, una mentalità che falsa la prospettiva del Vangelo. Lo dico per me, ho bisogno di ripetermi quei due, tre passaggi sulla resurrezione che non mi entrano in testa, proviamo a leggerli insieme:

  1. La grande novità apportata da Gesù, è l’invito a pensare la risurrezione non come qualcosa che riguarderà l’aldilà della vita, ma che oggi riguarda l’aldiquà della morte.
  2. La vita eterna, non è una specie di liquidazione che accumulo con i miei meriti e di cui potrò godere alla fine della mia vita. La vita eterna già comincia qui acquisendo uno sguardo nuovo su me, sulle cose, sugli altri, sulla storia, su ciò che mi ha segnato e rimane per
  3. Vive già ora da risorto chi fa coincidere la propria vita con l’azione di liberazione dei fratelli oppressi da una vita Chi vive gesti di amore eterni perché restano come orme di eternità nel cuore di chi li ha ricevuti.

Provando a mettere in gioco questi messaggi con le realtà diverse e contrastanti della vita quotidiana, faccio degli esempi in famiglia e in parrocchia:

Nel caso della famiglia siamo sospesi:

  • tra il desiderio di farne tante, al ritmo sostenuto, anche se non abbiamo più le energie di un tempo
  • e la mancanza di testimoni capaci di narrare la trama che intesse vita e morte. Nel caso della parrocchia:
  • c’è l’imperativo a prendere dentro tutti, (esempio: i trattori nella festa del ringraziamento, almeno quel giorno vengono anche i giovani agricoltori), arrivando a coprire con le Messe gli spazi per crederci ancora significativi
  • e c’è il sogno di creare casa dove ritrovarsi e far risuonare come vitale la parola del Vangelo, invece di scappare dopo Io starei con questa seconda ipotesi perchè sento come resurrezione oggi non sottostare ad una abitudine di fare tante cose, anche se ci sono pochi operai. Obbediente al fatto, unico nella storia, di essere parte di una generazione sospesa, ma non del tutto incastrata perché può prendere coscienza di quel particolare punto di osservazione nel quale la vita ci colloca e il Vangelo ci illumina.

 

Domenica 3 novembre 2019

XXXI domenica del Tempo Ordinario. Anno C

2Ts 1, 11-2, 2 Lc 19, 1-10

 

«1Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È entrato in casa di un peccatore!". 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto". 9Gesù gli rispose: "Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto"».

Tra l’albero e la casa c’è di mezzo il…ricominciare!

Oggi ci fermiamo sul sicomoro, come luogo di appuntamento, dove incontrare qualcuno.
Ha una consistenza (può portare un uomo – piccolo però), ha un’altezza sopra le teste della gente che si accalca attorno a Gesù. E’ un punto di osservazione, dove chi è piccolo può salire per vedere da un punto di vista diverso, un altro orizzonte di senso.
E’ il posto dove Gesù deve passare. E’ anche una buona stagione, ha un buon riparo di foglie per chi vuol vedere senza essere visto. Ah, allora ci siamo, basta farsi trovare nel posto giusto, nella stagione di vita giusta…
E’ l’albero verso il quale Gesù alza lo sguardo. Affetto gratuito, che previene ogni conversione, chiama per nome, e rende grande il nome del Padre che è sguardo di misericordia verso tutti.

E’ dall’albero si può scendere in fretta. Punto. Fine della storia dell’albero. Qualcuno ha saputo scendere in fretta. Tuti gli altri sono rimasti lì sotto a mormorare. Affezionati al punto di osservazione, per vedere il Signore che passa. Anche i primissimi cristiani, nella lettera di questa domenica ai Tessalonicesi, appena 20 anni dopo la morte di Cristo, erano lì a pregare ed attendere il ritorno del Signore Gesù, come se dovesse essere già presente nel loro radunarsi, riscaldato dai canti e dalle preghiere: Maranathà, Vieni Signore Gesù… Ad essi Paolo dice: vi raccomando di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare riguardo alla venuta del Signore e del nostro radunarci con lui… Anche a noi capita di essere confusi nella mente pensando che Gesù debba essere qui tra noi, adesso perché lo preghiamo, anche se non cambia niente della nostra vita. E che la nostra preghiera non cambia niente lo si vede perchè continuiamo a lamentarci, a pretendere che Gesù resti nel cerchio magico dove noi, perché siamo gli eletti radunati nel suo nome, abbiamo diritto della sua presenza. E da lì non ci muoviamo, infelici a confrontarci con gli altri, nella mormorazione…

A loro come a noi viene detto di imparare dall’albero di Zaccheo, punto dove passa Gesù che chiama per nome, nell’ascolto della Parola. Restare sotto l’albero poi diventa mortale, come credere alle ispirazioni, discorsi e lettere fasulle che vogliono far diventare Gesù uno dei nostri, chiuso nel tabernacolo. Lui è già oltre, preceduto dalla corsa di ogni peccatore guardato con amore, a portare la salvezza OGGI nella mia CASA. Il resto sono sterili brontolamenti, nostalgie di una cristianità che non c’è più, già passata. Qui deve finire la messa, qui dobbiamo andare in pace.
Mi domando in questi giorni quanto il celebrare la domenica sia un bisogno di riconoscimento che diventa fine a se stesso e quanto invece ripartire il lunedì sia scegliere di vivere nella mia casa quel ricominciare che Gesù mi dona nel suo gratuito amore, che porta a restituire amore. Solo in questo ricominciare prende senso il sostare sotto l’albero in attesa di Gesù che viene.