INCONTRO 17 GIUGNO 2018:

CAMMINA CON IL CUORE: SCENDERE DALLA TESTA AL CUORE

Prima di vivere il riposo delle vacanze, cerchiamo di trovare oggi una panchina su cui sedersi e so-stare per sintonizzare il nostro corpo dando ascolto al cuore. Con Etty Hillesum chiediamo: oggi voglio ritirarmi e riposarmi nel mio silenzio: nello spazio del mio silenzio interiore a cui chiedere ospitalità per un giorno. Se vogliamo affrancarci dai pesi della vita, è necessario vigilare sulla nostra facoltà di pensiero e la nostra abitudine a rifugiarci nella nostra immaginazione: se cambiasse quella cosa… se succedesse che quello finalmente comprenda…. se non ci fosse… e intanto aspettiamo. È tutto in testa, è tutto finto… non c’è e non sarà mai come lo pensiamo noi ora, per quanto il nostro progetto sia bello e il nostro obiettivo santo. Abbiamo solo la possibilità di vivere quello che ci viene dato oggi. Se ci impuntiamo a realizzare il pensato da noi, non diamo ascolto al cuore.
Le frasi: sentieri del cuore… camminare con il cuore ci risvegliano una nostalgia, una possibilità altra che non conosciamo fino in fondo, ma se ne sentiamo la mancanza, vuol dire che qualcosa di questo percorso l’abbiamo già provato, sperimentato e l’abbiamo sentito come un bene per noi.
Ci sono ideali di una famiglia felice, di fecondità, di pienezza di vita, di realizzazione personale che sono illusioni perché ci fanno evadere dalla realtà presente oggi, con le sue gioie ma anche con i suoi dolori, fallimenti ecc…Pensiamo sempre di potercela fare, che prima o poi passi, e arrivi quell’approdo felice tanto sognato. E intanto, continuiamo a riempire il cuore di fatiche ulteriori, senza mettere quel silenzio dentro per ascoltarci in profondità, per evitare che il cuore si indurisca e il corpo soffra più del necessario per un difetto di comprensione e compassione anche nei nostri riguardi. Quando il corpo è stanco e continuiamo a chiedergli di procedere, per un po' va bene, perché da alcune fatiche non possiamo esonerarci. Ma quando questo ci toglie speranza, la gioia di vivere, e dentro di noi non troviamo il senso di quello che stiamo facendo e il motivo per procedere, forse è il momento di fermarci e chiedere aiuto. Quando sembra tutto finito, quando qualcosa ci crolla addosso perdiamo facilmente la prospettiva. Ma se crediamo che Dio si sta occupando di noi, in questo istante più e meglio di quanto accada ai gigli del campo, forse ci viene chiesto di avere un altro sguardo, per cogliere l’altra strada che si apre sotto i nostri piedi, ancora sconosciuta, forse incerta, ma possibile. Allora, un ulteriore significato alle cose inizia a prendere forma e trovare il suo posto, proprio là, dove avevamo idealizzato dovesse esserci altro: quello da noi pensato e sperato. Dio non ci chiederà mai di rinunciare, ma di lasciare quello che ci sta facendo male, per imparare a rileggerci dentro ad un storia più grande.
I momenti vocazionali della nostra vita sono molti e sono segnati anche dai nostri passaggi di età:
giovinezza/sponsalità/materntà/fecondità/sterilità/dedizione/vecchiaia/ecc…
Tutti questi tempi vissuti ci hanno portato fino al nostro oggi, ci hanno dato identità e ci ritroviamo con un bagaglio di esperienze positive e negative vissute.
Una vita che il cardinal Martini suddivide nelle quattro stagioni:


Se la giovinezza ci ha fatto correre il rischio di distrarci e non avere occhi per cogliere dove e in Chi sta l’origine della vita, ora non lo possiamo più fare. Soluzioni, risposte, strategie… ne abbiamo già tentate tante. Se vogliamo scendere dalla testa al cuore, la decisione da prendere è quella di sgomberare lo spazio del cuore dalle nostre fissazioni, da quello che abbiamo in mente, anche se pensato come bene per noi e per gli altri. I sentieri nel cuore ci sono, e quando mi sento tanto stanca, forse ho preso una strada che il cuore fa fatica a percorrere e per questo poi il corpo si sfinisce.
E’ da “custodire il dono di Dio che è in noi…egli ci ha chiamate ad una vocazione santa, non già in base alle
nostre opere, ma secondo la sua grazia” 2Tim 1,6-9
È un custodire quello che intuiamo e sentiamo già presente in noi, ma anche quello che non comprendiamo. Il non conosciuto non è da buttare via, ma è da trattenere dentro continuando a interrogarci sul suo significato per restare dentro a quel mistero di cui siamo avvolte. Un mistero che non è qualcosa di incomprensibile, ma uno spazio che imparo a frequentare mettendomi dentro un passo dopo l’altro. È altro che intestardirci a far funzionare le cose che non vanno, ma è frequentare quello spazio dove impariamo a sperare e attendere.
Qui nasce quell’ interrogativo più profondo: non come far andare le cose, ma chi voglio essere, o meglio
provo a chiedermi e a dare un nome a quella donna che Dio oggi sta pensando per me.
Noi diventiamo sante (colui che vive bene l’oggi che gli viene dato) non per le nostre opere, ma per la sua grazia, quella che Gesù sulla croce ha ottenuto per noi: una grazia, un dono gratuito che ci cambia il cuore, la parte più profonda di noi. Non ci cambia i vicini, le colleghe, il corpo, la testa dei politici, non ci toglie le ingiustizie, le malattie, ma ha il potere di cambiare la parte più profonda di noi: il cuore. Il luogo dove noi prendiamo quelle decisioni che ci rendono libere. E non lo diventiamo perché tutto funziona intorno a noi, ma siamo e diventiamo libere nonostante tutto non funzioni attorno a noi, nonostante tutte quelle fragilità e limiti che possiamo trovare dentro la nostra e altrui vita. Non dobbiamo sforzarci di diventare qualcosa, perché ciò che siamo dipende dal dono di Dio che è già in noi, dobbiamo però impegnarci a non sprecare questo dono.
Etty dal suo campo di sterminio dice: ci sarà sempre un pezzetto di cielo da poter guardare, e abbastanza spazio dentro di me per congiungere le mani in una preghiera…
Dove troveremo la forza per questa preghiera? Non in noi ma nel suo cuore, nel suo amore.
Perché io ti amo tu troverai la forza per fare tutto quello che ti rende più umana, più donna. Senza di me non puoi far nulla: lasciati amare! Lasciati portare fuori dallo spazio ordinario che già conosci bene, per entrare nello spazio dove ci sono io. Qui con me scoprirai a quale libertà ti voglio condurre, e che anche se le cose non andranno come hai sperato, non ti toglieranno quella gioia di vedere la tua vita pian piano trasformata nella mia.


ALCUNE DOMANDE E RIFLESSIONI PER APPROFONDIRE:


1. Provo a dare un nome al bisogno, al motivo che mi spinge oggi a cercare le strade del cuore.
2. Quando mi dico: ormai mi conosco, sono fatta così, sono la solita, non c’è niente di positivo in me, sbaglio sempre, oppure gli altri mi impediscono di essere, mi chiedono di ecc… mi accorgo che sto girando attorno a me stessa, alimentando il mio senso di inadeguatezza, non lasciandomi raggiungere da Gesù che vuole portarmi oltre?
3. Desidero veramente ricevere la carezza di Dio? Se Lui è sempre lì disponibile a darmela, che cosa mi impedisce in questo momento di sentirla sulla mia pelle, nella mia vita?
4. Scendere e sgomberare quello che mi impedisce di incontrarlo, che cosa mi richiede?
5. Oggi mi decido di vivere quel passo che mi permette di scendere a valle custodendo in me il nome nuovo che Lui oggi mi ha fatto percepire come bello per vivere in pienezza la mia umanità: provo ad ascoltare quel nome di donna che Dio oggi sta pensando per me. Questo nome diventa la mia tensione, la mia strada da percorrere a cui tendere. È lasciare che questo nome, che questo suo sogno diventi quello che plasma la mia pelle, il mio sguardo, la mia bocca… in modo da non essere più un isolata che decide in proprio, ma una abitata che gira per le strade mai più senza di Lui.
E vigilo per non lasciarmelo portare via da quello sguardo con cui a volte ammazzo dentro di me quella umanità piena a cui Dio mi sta portando. Questo crescere in umanità è il più bel segno, è il più bel dono che possiamo comunicare a chi vive accanto a noi.
I passi concreti per vigilare possono essere: meditare, pregare, fermarmi, custodire le intuizioni profonde,
chiedere o mendicare aiuto/ mollare l’orgoglio di farcela da sola/ lasciare delle cose che ho scelto e che mi
stanno togliendo vita/ aprirmi ad altre relazioni/ lasciare quelle che sostengono e mi confermano nel mio
solito modo di fare e procedere, quelle che mi danno ragione/ lasciare l’affanno, l’ansia/ lasciare il mio
sproloquiarmi addosso che non mi permette di guardarmi con lo sguardo con cui mi guarda Dio/ restare
sola con Lui …


RISONANZE DELL’INCONTRO

A tutte viene consegnato un cuore, dove scrivere durante l’incontro o nelle vacanze:
“Che nome di donna Dio oggi sta pensando per me”.


profumoNon adagiarti sui passi compiuti, rimettiti in cammino per cercare ancora. Compiuti i 60 anni ci si gira per guardare alla vita fatta, ma non per fermarsi, ma per prendere consapevolezza di quello e come il Signore ci ha accompagnati, e ripartire con l’idea di rimettersi in cammino perché ogni giorno porta in sé un’opportunità nuova.
Il nome … più che quello che pensa Dio che non ho ancora capito bene, è quello che desidero io e che penso lo pensa anche Lui: vorrei trovare la pace sua, non quella che dà il mondo, ma la sua pace. La vita quotidiana tante volte porta ad entrare in conflitto con le cose che succedono, ma se mi lascio prendere dalla rabbia sento che mi porta via energia, vita. Per questo, vorrei proprio scoprire il segreto per vivere in pace al di là di come vanno le cose che ogni quotidiano porta con sé. Vorrei essere profumo, perché è qualcosa che si sente quando si va vicino, che non si può possedere, rubare…ma che mi dice che Dio esiste, perché pur essendo invisibile si distingue, si percepisce. Chi può dire che una rosa non sa da rosa, la lavanda non sa da lavanda, così quando uno passa sente che ho Dio in fianco.

amataIl nome è quello di amata, ma amata da me stessa. So che il Signore già mi ama e anche le persone che mi sono attorno mi danno la sensazione di essere amata, ma quello che mi manca è di sentire che anche io mi amo di più.
A volte quello che proviamo è un difetto di comprensione e compassione anche nei nostri riguardi... Per imparare a frequentare quello spazio dove sperare e attendere… due parole forti, grandi che mi aprono un cammino. La conseguenza sarà quella di avere il potere, la possibilità di cambiare la parte più profonda di noi: il cuore. In questo spazio, posso sentire questo soffio, che anche se soffio è qualcosa di forte, è vento. Non dobbiamo sforzarci di diventare qualcosa, perché ciò che siamo dipende dal dono di Dio che è già in noi, dobbiamo però impegnarci a non sprecare questo dono.
Credo che qui c’è il materiale per farmi un percorso dove trovare e avere questo amore anche nei miei confronti, accettando le mie imperfezioni, le mie difficoltà, il mio camminare lento o veloce. Entrare in profondità per capire quali sono i momenti di attesa per guardar le cose, e quelli in cui è necessario invece mettersi in movimento.
Se il Signore già mi vuole bene cercherò di accettare le difficoltà delle quotidianità, tenendo presente che c’è qualcosa che va al di là dei limiti fisici, umani e del quotidiano, siamo anche altro, c’è una storia più grande. Qui, in questo altro e non ancora intravedo un percorso possibile da fare.


Prendere un altro ritmo che è quello del seme, dove cerco di ascoltare la vita che preme già dentro per crescere. L’unico impegno è quello di lasciare fuori tutto quello che vorrebbe smentire o bloccare questa crescita.


saporitaVorrei essere saporita come una fragolina di bosco che ho trovato. Ho letto poi i cartelli: Tutto ciò che vive desidera la carezza del creatore. Bello! Però mi sono fermata su quello che dice: quando le tue gambe sono stanche, cammina con il cuore. Che bisogno di trovare questa panchina per camminare con il cuore.
Quest’anno non ci saranno vacanze, e da come sto vivendo non c’è neanche riposo.
Ultimamente sento un po’ di stanchezza, ma cerco di andare avanti. Continuo a riempire il cuore di fatiche ulterori, ma il mio cuore incomincia ad indurirsi, non è più quello di prima. Anche il corpo comincia soffrire e mi dà i primi segnali di cedimento. Cerco di mantenere i ritmi di prima ma non ce la faccio. È impossibile.
Vado al lavoro, finisco, ritorno a casa e tento di fare le cose come prima, mantenendo i soliti ritmi di quando non andavo a lavorare, ma anche gli elettrodomestici cominciano a bruciarsi. Sono segni chiari che è il momento di fermarsi. Sento il bisogno di cambiare il ritmo, cambiare movimento. Come vorrei far andare le cose non va. Anche mio marito mi ha detto che continuando così potrò avere la casa pulita ma poi potrei trovarmi sola. Non so come darmi una regolata, non ho idea di come fare ma per ora riconosco di essere veramente stanca.


carezzaIo sono tante volte un riccio non accarezzabile. Per tanti anni ho tenuto una foto di fronte al letto dove io anche il giorno del matrimonio mi ritraggo di fronte ad una carezza che mio marito mi sta donando. Mio marito mi diceva: guarda che foto hai scelto di mettere nella parete della nostra camera… ma sei proprio così. Ora l’abbiamo cambiata, ma è rimasta là per tanto tempo ed effettivamente io ero così.
Io non sono una che bacia e abbraccia e quando lo faccio sento che non mi viene così spontaneo. Ma la carezza rappresenta il fatto di lasciarmi avvicinare; invece io tenderei a fare tutto io e questo allontana.
Oggi sento che questa carezza rappresenta questo Dio che mi dice fermati, ti posso prendere, ti prendo io! Tutte queste riflessioni mi portano a riconoscere questo sentirmi a volte soffocata, questa mancanza di gioia… ieri dovuta forse al fatto che avevo anziani sul collo da accudire che pressavano molto… ora ne ho uno solo e ho imparato a gestirlo senza farmi sensi di colpa. Però la carezza mi manca ancora.


Tutti abbiamo bisogno della carezza del Creatore, perché è quella carezza che ci viene donata così come siamo. Di fronte alla gratuità di questa carezza ci ritiriamo perchè pensiamo di non essercela meritata. Inseguiamo un ideale immaginario, un modello di come dovremmo essere che ci fa sentire sempre limitate, imperfette e quindi non meritevoli di amore. Solo la carezza donata così senza meriti, è quella che il nostro cuore attende, ci fa bene e ci fa cambiare. Ma noi, prese dal tanto fare per gli altri, non abbiamo neanche tempo di ricevere queste carezza. Bisogna riconoscere questo bisogno di carezza e arrenderci a Chi ce la sta donando, arrenderci a ricevere.


accarezzataOgni cosa che vive desidera la carezza del Creatore. Pensando alla vita quanto è intensa, dove tutto vive, tutto è vita, colgo in questo vivere bello per me la parola accarezzata. La carezza è tenerezza ma è lieve. Non è quella botta sulle spalle che ti dice: dai forza, dai vai avanti, ma la carezza è leggera e dice: Io ci sono e ti voglio bene così come sei oggi. In certe difficoltà ho bisogno di conferme importanti, invece il Signore c’è in questa sua presenza lieve che mi aiuta a custodire il dono di Dio che è in me, non per i miei meriti ma per la sua grazia.
Quindi, importante trovare quel tempo di calma che mi permette di percepire la sua carezza. Se mi calmo lo colgo, lo sento presente, e vedo la sua provvidenza presente, che c’è e mi aiuta fare tante cose. Ma ho bisogno di trovarlo non solo per fare ma per me stessa. È un bisogno di sentirci, di sentirmi amata per quello che sono. Noi viviamo, ma dobbiamo riappropriarci della nostra vita non solo per dare agli altri, ma per noi stesse. E venendo quassù, è anche questo un tempo che mi dò per trovare le strade del cuore. È come un camminare tanto nel caldo afoso e poi trovi un bicchiere di acqua. È acqua, è chiara, è semplice, ma in quel momento di caldo ne hai bisogno e quel bere fa ripartire e ti dà vita. Venire, leggere il sito è proprio come bere acqua fresca.


cercatriceCamminare con il cuore risveglia una nostalgia e scendendo giù verso il labirinto mi sono fermata per un colpo alla schiena. Il quel momento mi sono girata e ho visto il cartello con l’immagine dell’esperienza fatta con i ragazzi quassù, e mi è venuta una grande nostalgia. Per vivere con i ragazzi quei due giorni quanto tempo abbiamo speso anche noi catechiste per prepararci, ed è stato importante anche per noi. Ma quella nostalgia di cose che ora sembrano non esserci più può frenare il procedere. Ma poi, lì accanto c’era l’altro cartello, che diceva non smettere di cercare. Un cercare che ho sentito non per fare ma con quel bisogno di ritrovare quei percorsi di pace, quella strada che mi dona il Signore. Quindi eccomi in cammino. Il fatto di essere cercatrice e di essere cercata mi fa chiarezza e mi racconta che non è ancora il tempo di fermarmi, ma di andare avanti con questo desiderio di mantenere vivo il cercare e il lasciarmi trovare.


parolaveraStiamo vivendo una trasparenza tra noi, che ci porta ad una conoscenza profonda, a pelle, e anche quando non sono presente, leggendo i resoconti mi sembra di potervi riconoscere. Oggi che sono riuscita a venire quello che mi è rimasto dentro è la frase: chiedo ospitalità nello spazio del mio silenzio interiore.
Questo silenzio mi ha scosso e fatalità questa settimana le prime letture parlavano di Elia, e raccontano il suo scoprire Dio nel silenzio. Siamo abituati a tanti terremoti nella vita a cui dare risposte, e il silenzio è l’unico fenomeno che conosciamo che sembra non avere utilità. Invece ne ha tantissima, perché solo facendo silenzio posso riappropriarmi della mia libertà. Libertà, che fuori nei confronti delle persone che mi circondano è moto stretta, nl senso delle cose da fare per il bene altrui. In questo periodo poi sono stata moralmente ferita e tradita in una relazione, che tutta ad un tratto si è conclusa senza neanche una spiegazione, e questo mi ha mandato in tilt e mi domando: fai tanto per costruire e poi basta un niente per finire tutto, per rompere. Oggi forse siamo abituati a vivere a spot, in questo momento mi servi e ti uso, poi non mi servi e basta, ti butto. Questo mi ha fatto male e mi lascia il cuore ferito, a pezzi, ma ritornando in quel silenzio, non mi sento ferita, trovo accoglienza, quella che nella relazione che ho vissuta sembrava esserci ma in effetti poi non c’era. E la voce di Dio nel silenzio mi dice: ritorna sui tuoi passi, ritorna a me. Qui ritrovo il valore delle parole, quelle che senza il silenzio invece butti là e restano senza valore. Sono parole che ingannano, che feriscono e ti sfiniscono. Ma nel silenzio colgo cosa nuove. Sono parole essenziali. Il silenzio è un bene, infatti siamo nati nel silenzio. Chi ha fatto grandi cose lo ha fatto partendo dal silenzio. Chi si tuffa, chi crea qualcosa lo fa sempre nel silenzio.. quindi le parole che nascono nel silenzio, hanno una profondità e raggiungono il cuore, le altre rimangono in superficie. Anche Dio non dà spiegazioni, ma è presente, mi dice: sono qua e il mio sentirmi viva non cerca spiegazioni. Per questo posso, sento di poter essere una Parola Vera per gli altri. Anche oggi è bella la Parola di Dio sul seme… il seme germoglia e cresce come chi l’ha seminato non lo sa. E così è la presenza di Dio in noi, appena gli dai spazio, fai silenzio la sua presenza ti invade e comincia a crescere. E così nella vecchiaia darà ancora frutto e sarà vegeto e rigoglioso… questo è consolante!


fragilitaStamattina nella liturgia della parola sul seme mi ha colpito: dorma o vegli. Questo dormire lo assoggetto a quando comincio a dirmi: se cambiasse quella cosa, se succedesse…se… il vegliare si manifesta invece quando faccio tante cose senza il Signore … e nonostante tutto vedo che il seme cresce. Il passaggio che ho vissuto dopo pasqua è stato quello di dire no allo scoraggiamento, di porre attenzione ai segni che Dio mi sta ponendo, di ricollocarmi in una vita che alcune volte non mi dà l’amore che desidero ma nonostante tutto mi fa portatrice d’amore. Ora in questo seme che cresce vedo il passaggio da quando voglio fare e non lascio spazio a Dio non trovo, mentre quando mollo succede qualcosa di nuovo: ultimamente mi sento cercata, qualcuno vuole il mio aiuto. Questo mi porta a custodire la persona, e mi sento pronta a raccontare la mia fragilità, per dirle: ne puoi uscire anche tu. Per questo sento di scrivere sul cuore la parola fragilità ma in maniera positiva nel senso che oggi la posso narrare come un passaggio di vita che si può accogliere senza rimanerne schiacciati. E infine sento belle queste parole: lasciati portare fuori dallo spazio ordinario che già conosci bene per entrare nello spazio dove ci sono io: Il mio sogno è prendermi giorni per fare gli esercizi spirituali.


sintonizzataHo vissuto un anno tosto soprattutto a livello lavorativo, e questa settimana è stato il culmine. Se non avessi già iniziato a sintonizzarmi con Dio grazie all’incontro dell’altra volta, e a un dialogo con Maddalena, non ne sarei uscita così serenamente. Sono stata ferita ma non mortalmente. Per questo sono grata a Dio di avervi incontrate e mi dispiace di essere partita così tardi. Non solo per non essere ferita, ma per poter essere quel dono per gli altri che sento nella mia natura. Qui ho ritrovato un perché, un modo, tante cose ma sono solo all’inizio. Il bello che ho scoperto è questo lasciare le mie fissazioni, quelle cose che nascono dal non silenzio, che fanno male e distruggono, per sintonizzarmi con Lui. Bastano quei 10 minuti di preghiera per sintonizzarmi e quando entro in sintonia con Lui, sento di lasciare che le cose fluiscono, senza essere io che a tutti i costi ci metto il naso, trovandomi poi a sera distrutta nel polverone delle tante cose fatte. Imparare a ricevere, chiedere aiuto, sono cose di cui sento il bisogno, che ho riscoperto e ritrovato anche nella nostalgia che sento dentro di me, che è il campanello che mi dice quali sono le cose che veramente contano. La strada che faccio per salire quassù è carica di quel desiderio di venire e stare. Anche il mio bambino lo sente, perché è da lunedì che mi chiede quando saliamo quassù. I bambini sentono questa positività e così poi ce la portiamo a casa. Mi porto a casa la consapevolezza che il bene c’è. Il nome sintonizzata, è il mio impegno, perché desidero sintonizzarmi con Lui, per non cadere in quelle rete di debolezze umane. Questo mi permette di restare un gradino sopra queste cose, non sopra gli altri, ma sopra quel chiacchiericcio inutile, sopra le mie idee che poi si traducono in tentativi spesso inutili di risolvere le cose, che poi distruggono e infangano. È un salire sopra l’albero come Zaccheo per non lasciarmi trascinare dalla folla e lasciarmi invece da Lui amare, per poi dare qualcosa agli altri. È un desiderio, non solo l’impegno quello di sintonizzarmi, restare sintonizzata con Dio, per trovare quella profondità che non mi fa cadere nei tentativi inutili di mettere le cose a posto. Per questo il salire sopra a questi modi di fare che tutti abbiamo, non è per superiorità, anzi vorrei portare su anche gli altri per vivere rapporti più autentici, conseguenza di questo lasciarmi e lasciarsi amare.


domandaSe crediamo che Dio si sta occupando di noi forse ci viene chiesto di avere un altro sguardo per conoscere un’altra strada. Rimettiti in cammino per cercare ancora… il nostro è sempre un cammino, un voler cercare un’altra strada, senza sapere cosa ci fa bene. Ma questa strada la posso trovare quando mi sento amata e mi amo. Sono due cose che non possono andare staccate. Quando mi alzo mi chiedo: io in questo momento mi sto volendo bene, mi sto amando? È una domanda importante perché se capisco che è quello che io voglio veramente fare, non mi porta verso l’altra strada che mi lascia incerta. Allora devo fermarmi per ascoltare cosa vuol dire volermi bene e sentirmi amata. Devo partire da qua. Anche quando ci troviamo una volta alla settimana per condividere il vangelo, è questo fermarci su questa la strada, che ci aiuta a trovare e vedere che è possibile vivere meglio, che possiamo dare una dimensione diversa a quello che noi facciamo. Poi ognuna di noi torna nelle proprie case, quello che ci portiamo a casa anche se è solo una minima parte di quello che abbiamo condiviso, permette di vivere meglio e di conseguenza sta meglio anche chi ti sta accanto. Oggi la società, il mondo va e gira in maniera totalmente diversa. Ma qui è il passo importante da fare, fare delle scelte per non restare nel modo che fanno di tutti. Bisogna stare dentro di noi in rapporto con Lui. Non ho trovato ancora la parola perché devo sintonizzarmi e sintetizzare questo che sento oggi…su questo volermi bene e sentirmi amata.
Per quanto riguarda la carezza, mi ritorna in mente il miracolo del lebbroso… e la carezza viene quando la persona le parole non ci sono più… quando la persona che te la dà non ha più parole, oppure quando tu stessa non hai più parole davanti a chi sta soffrendo. In quel momento le parole non potrebbero più dire niente e la carezza parla per sé, è potente, dice più di molte parole. Certe carezze che riesci a dare e che ricevi ti restano per tutta la vita.


amicaQuesto è il mio primo incontro e spero di poter venire ancora. Ho incontrato gente bellissima, e ho vissuto momenti speciali. Io sono lontana dai miei familiari e qui ho trovato un atmosfera speciale, dove tutti si vogliono bene tra di loro. Per questo la parola che io vorrei scrivere è amica, perché mi sono sentita amica di tutti voi. La parola su cui mi sono fermata è la parola felicità, perché è una parola che uso poco. Sono felice, ma non uso questa parola: ho una bella famiglia, mi sento completa, un marito, un bambino meraviglioso… e per questo vorrei impegnarmi più spesso a riconoscere questa felicità che già vivo. A volte non uso questa parola perché penso alla felicità come un livello massimo da raggiungere, e quindi è come aspettassi di arrivare a quel livello per essere felice. Ma non è così, perché quello che mi rende felice oggi va riconosciuto e dovrebbe rendermi felice anche domani.


domandaArriva la stagione, il tempo della vita in cui devi imparare a mendicare. Sembra una cosa non bella, non facile da fare e da vivere, perché tutti noi vorremmo essere autosufficienti per non avere bisogno degli altri. Ma va riconosciuto che questo voler fare sempre da soli ci allontana dagli altri, anche da quelli in cui ci stanno donando gratuitamente qualcosa. Per imparare a mendicare, a riconoscere quei tempi in cui abbiamo bisogno di ricevere, bisogna prepararsi per essere grati quando qualcuno ha cura di noi. Altrimenti, quando arriva quel tempo invece di essere grati di ricevere, diventiamo arrabbiati con il mondo, con Dio, con chi ci sta vicino. Non solo il dare è importante, perché quello a volte ci gratifica, il ricevere diventa importante perché è un arrendersi a quello che succede nella vita, senza voler continuare a gestirla e programmarla come vorremmo noi.


pacificataCi sono delle situazioni esterne della vita che mi fanno male, che bloccano il mio procedere in avanti, che calunniano il mio modo di tentare di dare vita a questo luogo. La mia reazione normale di difendermi sarebbe quello di attaccare a mia volta, ma oggi più che mai sento la chiamata da quel Dio che mi abita a diventare pacificata. Non occorre che io faccia qualcosa, non occorre che mi dia da fare per fermare le calunnie, ma posso decidermi che non occupino lo spazio del mio cuore. È un lasciare quelle lotte sterili per avere giustizia che mi lasciano dentro solo tanta rabbia. Ed è questo nome nuovo che Dio mi sta donando che fa del mio cuore il suo cielo, il luogo del mio, del nostro riposo. Sono belli questi momenti pacificati che vivo, che viviamo e li riconosco come mia resa alla grazia di Dio.